È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di ieri la Finanziaria 2011 (Legge di Stabilità per il 2011 che contiene, tra le altre cose, la proroga al 31 dicembre 2011 della detrazione del 55% delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici.
La novità introdotta riguarda il periodo di detrazione: le spese verranno recuperate in dieci anni e non più in cinque.
Anche l’ENEA, in un aggiornamento della FAQ 65 relativa alla detrazione del 55%, ha chiarito che le spese sostenute nel 2011 saranno detraibili in dieci anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2012. Invece quelle pagate entro il 2010 saranno detraibili in cinque anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2011.
Resta confermato che la documentazione degli interventi eseguiti (Allegato F oppure Allegato A+Allegato E a seconda dell’intervento), va trasmessa all’ENEA entro 90 giorni dal termine dei lavori.
Inoltre, il mancato completamento dei lavori nel 2010 va comunicato all’Agenzia delle Entrate con apposita comunicazione telematica entro il 31 marzo 2011, specificando quanto pagato nel 2010.
Scarica qui la Legge dello Stato 13/12/ 2010 n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2011) (Suppl. Ordinario n.281)
Pubblicata il 22 dicembre 2010
Fonte: http://www.edilportale.com/
mercoledì 22 dicembre 2010
giovedì 9 dicembre 2010
Il 55% riparte con dieci rate
Il 55% guadagna un anno in più e il fisco incassa circa 300 milioni di imposte sui lavori "indotti" dalla detrazione: Iva, Irpef, Ires e Irap che non sarebbero state versate senza la proroga del bonus. I dati sono contenuti nella relazione tecnica alla legge di stabilità e – c'è da scommetterci – offriranno un utile argomento alle imprese quando si tratterà di discutere il prossimo rinnovo dell'agevolazione. Intanto, però, i contribuenti possono programmare con una certezza in più i lavori per la prossima stagione, studiando come ottimizzare la propria fiscalità personale.
Formula decennale
La proroga al 31 dicembre 2011 lascia inalterate le regole base della detrazione, a partire dalla documentazione che deve essere inviata all'Enea, ma cambia la sua distribuzione nel tempo: il bonus sulle spese sostenute dal prossimo 1° gennaio si dividerà in dieci rate annuali, anziché cinque. Quindi l'ammortamento del 55% è destinato ad allinearsi a quello del 36% sulle ristrutturazioni edilizie, anche se gli investimenti per il risparmio energetico non dovrebbero prevedere alcun iter accelerato per i contribuenti più anziani (gli over 75enni possono dividere il 36% in cinque anni e gli over 80enni in tre).
La formula decennale è meno vantaggiosa di quella quinquennale, ma con un'inflazione contenuta come quella attuale dovrebbe comportare una perdita accettabile per i contribuenti: pochi punti percentuali dell'importo complessivo, in termini di potere d'acquisto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 novembre). Anzi, in caso di redditi particolarmente bassi – o crediti d'imposta rilevanti – potrebbe addirittura rivelarsi conveniente rinviare i pagamenti. A fare la differenza, infatti, sarà il momento in cui le spese risultano sostenute.
Per le persone fisiche e i lavoratori autonomi (tranne il caso del leasing), vale il principio di cassa, e si fa riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale. Non rileva, quindi, né la data della fattura, né quella del contratto eventualmente stipulato con l'impresa. Per le imprese, invece, vale il criterio di competenza e si deve guardare il momento in cui avviene la consegna o la spedizione (per l'acquisto di beni) o il momento di ultimazione della prestazione (per i servizi, come ad esempio il contratto d'appalto).
Effetto indotto
Per la rateazione del 55%, quella decisa dalla legge di stabilità è la quarta modifica in cinque anni: per gli importi relativi al 2007, le rate erano tre; poi sono diventate dieci a scelta del contribuente nel 2008; per passare a cinque a partire dall'anno scorso. D'altra parte, è proprio agendo sul numero di rate che il legislatore ha via via modulato l'impatto dell'agevolazione per le casse pubbliche. Lo dimostra anche la relazione tecnica alla legge di stabilità, che quantifica in appena 32,4 milioni di euro il peso della proroga per l'erario nel 2012, anno in cui i contribuenti inseriranno nelle dichiarazioni fiscali i bonus maturati con le spese dell'anno prossimo. Quanto al 2011, l'effetto stimato è positivo per 124,8 milioni, grazie ai tributi relativi sui lavori che senza la detrazione non sarebbero stati eseguiti (o sarebbero stati eseguiti in nero).
Naturalmente, nel 2011 il fisco dovrà finanziare le rate di detrazione legate ai lavori eseguiti negli anni precedenti, ma è importante sottolineare l'effetto moltiplicatore del 55 per cento. Insomma, su 11,1 miliardi di spese sostenute tra il 2007 e il 2010, l'onere effettivo per le casse pubbliche sarà inferiore ai 6,1 miliardi che ne costituiscono l'esatto 55 per cento. Quanto inferiore è impossibile dirlo, e del resto le stime del Cresme non risultano perfettamente allineate a quelle della relazione, ma il risultato è indubbio.
pubblicato il 9 dicembre 2010
Fonte: Il Sole 24ore
Formula decennale
La proroga al 31 dicembre 2011 lascia inalterate le regole base della detrazione, a partire dalla documentazione che deve essere inviata all'Enea, ma cambia la sua distribuzione nel tempo: il bonus sulle spese sostenute dal prossimo 1° gennaio si dividerà in dieci rate annuali, anziché cinque. Quindi l'ammortamento del 55% è destinato ad allinearsi a quello del 36% sulle ristrutturazioni edilizie, anche se gli investimenti per il risparmio energetico non dovrebbero prevedere alcun iter accelerato per i contribuenti più anziani (gli over 75enni possono dividere il 36% in cinque anni e gli over 80enni in tre).
La formula decennale è meno vantaggiosa di quella quinquennale, ma con un'inflazione contenuta come quella attuale dovrebbe comportare una perdita accettabile per i contribuenti: pochi punti percentuali dell'importo complessivo, in termini di potere d'acquisto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 novembre). Anzi, in caso di redditi particolarmente bassi – o crediti d'imposta rilevanti – potrebbe addirittura rivelarsi conveniente rinviare i pagamenti. A fare la differenza, infatti, sarà il momento in cui le spese risultano sostenute.
Per le persone fisiche e i lavoratori autonomi (tranne il caso del leasing), vale il principio di cassa, e si fa riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale. Non rileva, quindi, né la data della fattura, né quella del contratto eventualmente stipulato con l'impresa. Per le imprese, invece, vale il criterio di competenza e si deve guardare il momento in cui avviene la consegna o la spedizione (per l'acquisto di beni) o il momento di ultimazione della prestazione (per i servizi, come ad esempio il contratto d'appalto).
Effetto indotto
Per la rateazione del 55%, quella decisa dalla legge di stabilità è la quarta modifica in cinque anni: per gli importi relativi al 2007, le rate erano tre; poi sono diventate dieci a scelta del contribuente nel 2008; per passare a cinque a partire dall'anno scorso. D'altra parte, è proprio agendo sul numero di rate che il legislatore ha via via modulato l'impatto dell'agevolazione per le casse pubbliche. Lo dimostra anche la relazione tecnica alla legge di stabilità, che quantifica in appena 32,4 milioni di euro il peso della proroga per l'erario nel 2012, anno in cui i contribuenti inseriranno nelle dichiarazioni fiscali i bonus maturati con le spese dell'anno prossimo. Quanto al 2011, l'effetto stimato è positivo per 124,8 milioni, grazie ai tributi relativi sui lavori che senza la detrazione non sarebbero stati eseguiti (o sarebbero stati eseguiti in nero).
Naturalmente, nel 2011 il fisco dovrà finanziare le rate di detrazione legate ai lavori eseguiti negli anni precedenti, ma è importante sottolineare l'effetto moltiplicatore del 55 per cento. Insomma, su 11,1 miliardi di spese sostenute tra il 2007 e il 2010, l'onere effettivo per le casse pubbliche sarà inferiore ai 6,1 miliardi che ne costituiscono l'esatto 55 per cento. Quanto inferiore è impossibile dirlo, e del resto le stime del Cresme non risultano perfettamente allineate a quelle della relazione, ma il risultato è indubbio.
pubblicato il 9 dicembre 2010
Fonte: Il Sole 24ore
lunedì 6 dicembre 2010
Balconi e ripartizione delle spese di manutenzione: problema senza soluzione?
Tra le principali cause all’origine delle liti condominiali che spesso ingolfano i tribunali italiani sovente ricorre la ripartizione delle spese condominiali .
In tale ambito una questione che appare senza soluzione è quella relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono dalla facciata del fabbricato.
Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che più volte ha mutato orientamento nel corso del tempo.
La ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti è l’oggetto di un approfondimento curato da BibLus-net:
Per la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti era divenuta prassi consolidata l’applicazione (per estensione) dell’art. 1125 del Codice Civile (relativo a volte, solai e soffitti) considerando il balcone un prolungamento dei solaio interpiano.
Questo approccio, pur apparendo condivisibile, è stato progressivamente minato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali.
Alcune questioni sollevate nel corso di controversie relative alla questione trattata (eventuale valenza architettonica dei balconi, eventuale funzione di copertura etc.) hanno portato alla formulazione di due possibili ipotesi alternative:
1) La parte superiore del balcone è di proprietà dell’appartamento che se ne serve e, pertanto, ad esso competono le spese per la sua manutenzione. La parte inferiore (sottobalcone) così come il frontalino, essendo visibile dalla strada, deve essere considerata parte integrante della facciata; le spese, pertanto, vanno ripartite tra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti dei balconi.
2) La seconda ipotesi, invece, avvalorata (suffragata) da alcuni recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, prevede che tutte le spese relative alla manutenzione del balcone (parte superiore e parte inferiore) competano al proprietario dell’appartamento che se ne serve.
La considerazione alla base di questa teoria è che il balcone aggettante ad “uso esclusivo dell’appartamento” non funge da copertura all’appartamento sottostante. Questa considerazione, in verità, non appare esente da critiche poiché la presenza dello sbalzo in facciata offre comunque un riparo, seppur parziale, dalle intemperie all’appartamento (o al balcone) sottostante.
Muovendo dalla considerazione che se si interviene su tutti i balconi contemporaneamente la differenza di spesa per un condomino di un fabbricato privo di particolari vezzi architettonici che consegue all’applicazione del criterio previsto dall’art. 1125 C.C. o del criterio proposto dalla Corte di Cassazione è nulla o trascurabile, vediamo quali problemi può innescare l’applicazione dell’uno o dell’altro.
Ripartizione secondo criterio 2) “suggerito” dalle Corte di Cassazione
“A” sostiene le spese per 2 e 3
“B” sostiene le spese per 4 e 5
Il condominio si accolla le spese per 1
Nell’esempio considerato le spese sostenute da ciascuno dei soggetti sono equivalenti nell’uno e nell’atro caso; ciò che fa la differenza è la possibilità di fare un qualsiasi uso del sottobalcone soprastante.
Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Non è infrequente che sui balconi aggettanti siano installate tende parasole, lampade da soffitto e addirittura verande.
Premesso che per ciascuno degli interventi citati occorre munirsi dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, se si sceglie di adottare il criterio 2) (quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) per l’esecuzione di uno degli interventi citati è necessario sottostare alla volontà del proprietario dell’appartamento soprastante, unico proprietario della struttura (il balcone) su cui si va ad intervenire.
In sintesi occorre ottenere il permesso del proprietario della soletta soprastante che dovrebbe concedere, in pratica, la costituzione di una servitù.
E cosa accade quando si decide di adottare tale criterio (sempre il criterio 2), quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) nei condomini ove si è già proceduto a realizzare interventi come quelli citati ?
Come si considerano i balconi con verande o tende già installate ? Come ci si comporta, ad esempio, nel caso seguente ?
Per il sottobalcone 3 paga A perché fa parte della soletta di sua proprietà o paga B perché fa da copertura alla veranda ? In tal caso B pagherebbe 3+4+5?
In conclusione, risulta evidente che non è al momento univocamente determinabile il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione dei balconi aggettanti.
In tale ambito una questione che appare senza soluzione è quella relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono dalla facciata del fabbricato.
Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che più volte ha mutato orientamento nel corso del tempo.
La ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti è l’oggetto di un approfondimento curato da BibLus-net:
Per la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti era divenuta prassi consolidata l’applicazione (per estensione) dell’art. 1125 del Codice Civile (relativo a volte, solai e soffitti) considerando il balcone un prolungamento dei solaio interpiano.
In tal modo, in analogia ai solai interpiano, la parte superiore del balcone era considerata di proprietà dell’appartamento servito, la parte inferiore dell’appartamento sottostante ed il frontalino di proprietà condominiale (come parte della facciata) secondo il seguente schema:
Per cui ad “A” compete pagare le spese relative alla pavimentazione ed alla impermeabilizzazione del balcone, a “B” compete il mantenimento del sottobalcone ed al condominio la manutenzione del frontalino.
Questo approccio, pur apparendo condivisibile, è stato progressivamente minato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali.
Alcune questioni sollevate nel corso di controversie relative alla questione trattata (eventuale valenza architettonica dei balconi, eventuale funzione di copertura etc.) hanno portato alla formulazione di due possibili ipotesi alternative:
1) La parte superiore del balcone è di proprietà dell’appartamento che se ne serve e, pertanto, ad esso competono le spese per la sua manutenzione. La parte inferiore (sottobalcone) così come il frontalino, essendo visibile dalla strada, deve essere considerata parte integrante della facciata; le spese, pertanto, vanno ripartite tra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti dei balconi.
2) La seconda ipotesi, invece, avvalorata (suffragata) da alcuni recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, prevede che tutte le spese relative alla manutenzione del balcone (parte superiore e parte inferiore) competano al proprietario dell’appartamento che se ne serve.
La considerazione alla base di questa teoria è che il balcone aggettante ad “uso esclusivo dell’appartamento” non funge da copertura all’appartamento sottostante. Questa considerazione, in verità, non appare esente da critiche poiché la presenza dello sbalzo in facciata offre comunque un riparo, seppur parziale, dalle intemperie all’appartamento (o al balcone) sottostante.
Muovendo dalla considerazione che se si interviene su tutti i balconi contemporaneamente la differenza di spesa per un condomino di un fabbricato privo di particolari vezzi architettonici che consegue all’applicazione del criterio previsto dall’art. 1125 C.C. o del criterio proposto dalla Corte di Cassazione è nulla o trascurabile, vediamo quali problemi può innescare l’applicazione dell’uno o dell’altro.
Ripartizione secondo art. 1125 C.C.
“A” sostiene le spese per 1 e 2
“B” sostiene le spese relative a 3 e 4
Il Condominio le spese per 5
Ripartizione secondo criterio 2) “suggerito” dalle Corte di Cassazione
“A” sostiene le spese per 2 e 3
“B” sostiene le spese per 4 e 5
Il condominio si accolla le spese per 1
Nell’esempio considerato le spese sostenute da ciascuno dei soggetti sono equivalenti nell’uno e nell’atro caso; ciò che fa la differenza è la possibilità di fare un qualsiasi uso del sottobalcone soprastante.
Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Non è infrequente che sui balconi aggettanti siano installate tende parasole, lampade da soffitto e addirittura verande.
Premesso che per ciascuno degli interventi citati occorre munirsi dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, se si sceglie di adottare il criterio 2) (quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) per l’esecuzione di uno degli interventi citati è necessario sottostare alla volontà del proprietario dell’appartamento soprastante, unico proprietario della struttura (il balcone) su cui si va ad intervenire.
In sintesi occorre ottenere il permesso del proprietario della soletta soprastante che dovrebbe concedere, in pratica, la costituzione di una servitù.
E cosa accade quando si decide di adottare tale criterio (sempre il criterio 2), quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) nei condomini ove si è già proceduto a realizzare interventi come quelli citati ?
Come si considerano i balconi con verande o tende già installate ? Come ci si comporta, ad esempio, nel caso seguente ?

In conclusione, risulta evidente che non è al momento univocamente determinabile il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione dei balconi aggettanti.
Sembra tuttavia opportuno ritenere che, in prospettiva, l’adozione da parte dell’assemblea del criterio ex art. 1125 (o, in alternativa, considerare i sottobalconi parte integrante della facciata) possa contribuire a prevenire e limitare l’insorgere di liti condominiali conseguenti all’esecuzione di interventi quali quelli precedentemente elencati (tende parasole, lampade a soffitto, verande, etc.)
pubblicato il 02 dicembre 2010
Fonte: www.acca.it/biblus-net
Revisione di tabelle millesimali, il ruolo del tecnico
Ma quali sono le responsabilità dei tecnici incaricati di questa operazione?
La prima sentenza della Cassazione, la n. 18477, ampliando le competenze dell'assemblea, ha affermato che l'approvazione delle tabelle, redatte ex novo o modificate, può avvenire con le modalità previste dall'art. 1136, comma 2, cod. civ. (maggioranza dei presenti e 500 millesimi di proprietà), non necessitando l'unanimità. A tale proposito, l'estensore della sentenza, dott. Roberto Michele Triola, presidente della Sez. II, in un convegno organizzato dall'ANACI e dall'UPPI a Pisa, lo scorso 6 ottobre, fugando tutti i dubbi espressi in merito da alcuni esperti e associazioni, ha affermato che il principio enunciato nella sentenza è applicabile a ogni tipo di tabella, da quelle generali o di proprietà, derivate dall'art. 1118 cod. civ., a quelle derivanti dall'applicazione degli artt. 1123 (spese generali e riscaldamento) e 1124 (ascensore) dello stesso codice. La seconda sentenza invece, la n. 18331/2010, semplifica l'azione dei dissidenti che potranno impugnare la delibera di approvazione delle tabelle, citando il solo amministratore e non più tutti i condomini. Peraltro, il dott. Triola, al timore espresso da alcuni amministratori partecipanti al Convegno della possibile insorgenza di un gran numero di contenziosi, a seguito della semplificazione delle procedure, ha precisato che - in ogni caso - la condizione per modificare le tabelle è la sussistenza delle motivazioni previste dai due commi di cui è composto l'art. 69 disp. att. cod. civ., mancando le quali nemmeno l'unanimità dei condòmini consente la modificazione delle tabelle.
Le responsabilità del tecnico incaricato dell'operazione
Di conseguenza, nel caso di sopraelevazioni o recuperi di sottotetto, sussistendo le condizioni per la revisione delle tabelle per l'incremento di superficie abitabile realizzata, il tecnico incaricato dall'amministratore, o direttamente dall'assemblea, dovrà iniziare le operazioni tecniche, procedendo in primo luogo alla ricerca dell'eventuale prospetto di calcolo originario, risalente alla costruzione dell'edificio condominiale, ovvero alla costituzione del condominio, nel caso di fabbricati già di unica proprietà, frazionati e venduti agli inquilini o a terzi.
Poiché, nella fattispecie, non si tratta di compilare una nuova tabella ma solo integrare quella esistente, scopo di tale ricerca è quello di verificare quali siano stati i coefficienti utilizzati dal compilatore, per determinare prima la superficie commerciale delle singole proprietà, partendo da quella reale rilevabile dalle planimetrie, e poi i coefficienti correttivi della superficie commerciale medesima, per ottenere quella virtuale da utilizzare per il calcolo delle carature.
Coefficienti correttivi della superficie commerciale
In materia non esiste normativa di merito ma soltanto una circolare del Ministero dei lavori pubblici, la n. 12480 del 26 marzo 1966, integrata dalla circ. n. 2945 del 26 luglio 1993, diretta ai collaudatori dei fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, fruenti di contributi statali, per il calcolo della tabella di riparto delle spese di costruzione degli edifici fra i singoli soci. Del resto, anche la scarsa dottrina fa propri i principi enunciati dalla predetta circolare (per tutte V. Gasparelli Le tabelle millesimali per gli edifici in condominio, Milano, 1998 - Luigi Rizzi Le tabelle dei millesimi in condominio, De Donato Editore, 1978).
In particolare, si ricorda che i coefficienti correttivi basilari da utilizzare si riferiscono alla destinazione dei locali, al piano di ubicazione, al riscontro d'aria, all'orientamento rispetto ai punti cardinali, al prospetto, luminosità e altezza utile interna che, moltiplicati in sequenza per le superfici commerciali, produrranno quella virtuale ricercata per ogni singola proprietà e, quindi, quella complessiva dell'edificio condominiale.
Pertanto, l'operazione di revisione diverrà semplice in presenza del prospetto, ma in assenza dell'elaborato originale l'integrazione della tabella richiederà di seguire un altro più complesso percorso, finalizzato alla determinazione delle quote millesimali da attribuire alle nuove unità, senza entrare nel merito delle carature relative alle altre porzioni di fabbricato, rimaste inalterate.
Di conseguenza, nel caso frequente di mancanza del prospetto di calcolo originale, il tecnico dovrà calcolare i rapporti fra millesimi e superfici commerciali delle unità immobiliari del piano sottostante a quello sopraelevato o reso abitabile, da cui ricavare un rapporto medio da applicare alle superfici commerciali delle nuove unità immobiliari.
Ottenuto il rapporto, il tecnico dovrà verificare se il nuovo piano sia o meno raggiunto dal servizio di ascensore per cui, solo in caso affermativo, il rapporto medesimo dovrà essere incrementato di una percentuale per la differenza di piano, di norma dal 3 al 5%.
Successivamente l'operatore, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari, potrà agilmente procedere al riparto, ottenendo prima una tabella integrata superiore a mille, che con una semplice funzione proporzionale, sarà riportata a mille.
Il ruolo della relazione tecnica
A questo punto è bene precisare che, proprio alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, la relazione tecnica di accompagnamento delle tabelle assume una rilevanza notevole, in quanto in essa deve essere chiaramente esposta la procedura seguita nel computo generale, non tanto per quanto riguarda gli elementi oggettivi (superfici, destinazioni, altezze interne dei locali ecc.), ma sopratutto per quelli soggettivi espressi dal tecnico, quali i pareri estimali relativi ai coefficienti applicati, alla destinazione d'uso e all'ubicazione di piano, che traducono in carature millesimali il rapporto fra il valore delle unità immobiliari e quello dell'intero edificio, rendendolo aritmeticamente percepibile.
Non a caso infatti la Cassazione, nella sent. n. 18477/2010, ha precisato che «la tabella serve a esprimere, in precisi termini aritmetici, un preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini».
Peraltro, tale rapporto può essere correttamente determinato solo se il tecnico ha effettuato i necessari riscontri sui valori di mercato, attingendo informazioni presso fonti e mercuriali attendibili, quale quella dell'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell'Agenzia del territorio, i borsini immobiliari presso le Camere di Commercio delle grandi città, compilati con la collaborazione della Fiaip e del Caam, l'istituto Scenari Immobiliari di Milano, Tecnocasa, Nomisma, Cresme, tutti del resto convenzionati con l'OMI.
Infatti, solo conoscendo i valori delle diverse tipologie di unità, presenti nel complesso condominiale (negozi, abitazioni, uffici, box, magazzini ecc.), è possibile definire correttamente il coefficiente di destinazione, che è basilare nel calcolo della tabella, mentre tutti gli altri sono reperibili in dottrina e dalle pubblicazioni delle commissioni provinciali degli usi e consuetudini locali, presso le Camere di Commercio, nonché dalla nostra rivista Consulente immobiliare, nelle due edizioni (primavera e autunno) in cui sono riportate le quotazioni del mercato immobiliare.
Da quanto esposto, risulta evidente l'importanza della relazione, che dovrà essere accurata ed espressa in termini facilmente comprensibili anche per soggetti a digiuno di nozioni tecniche, citando anche le fonti di rilevamento dei prezzi correnti di mercato in quanto, il parere dei condòmini si forma proprio sulla lettura della relazione.
Adempimenti successivi all'approvazione delle tabelle
Ovviamente, dopo la discussione che segue la precedente fase, l'assemblea potrà approvare gli elaborati del tecnico, con la maggioranza dei presenti titolari di almeno 500 millesimi di proprietà (della vecchia tabella), che i dissidenti presenti e gli assenti, se si ritenessero danneggiati, potranno successivamente impugnare. A questo punto peraltro, in ogni caso, è consigliabile depositare la delibera con le tabelle presso un notaio per ottenere la forma scritta, al fine di poterne ottenere copie autentiche in ogni tempo successivo, specie nel caso di cessione di unità immobiliari a terzi, futuri condòmini.
Considerazioni conclusive
In definitiva, il nuovo orientamento giurisprudenziale sulla materia avrà l'effetto di sbloccare molte situazioni di stallo nei condomini, che rendono difficoltosa anche la gestione amministrativa, in quanto - in molti casi - le tabelle esistenti non sono pari a mille, ma spesso superano tale limite, per aggiustamenti empirici apportati in passato, nel caso di recupero di sottotetti o sopraelevazioni, al fine di ottenere un parametro necessario a ripartire le spese, non volendo modificare i millesimi originari, indicati nei rogiti di acquisto come se fossero dogmi, a scapito della precisione e del buon senso. Tuttavia, la nuova e più fluida procedura per l'approvazione delle tabelle revisionate, a nostro avviso, rende ancor più importante l'azione del tecnico compilatore, che deve rendere trasparente il proprio operato, tramite un'esaustiva relazione di accompagnamento, a garanzia della correttezza degli elaborati, nell'interesse dei condòmini, relazione che purtroppo, talvolta, alcuni tecnici non compilano.
Fonte: Commentro tratto dalla rivista "Consulente Immobiliare", Il Sole 24 Ore, 15 novembre2010, n. 871
La prima sentenza della Cassazione, la n. 18477, ampliando le competenze dell'assemblea, ha affermato che l'approvazione delle tabelle, redatte ex novo o modificate, può avvenire con le modalità previste dall'art. 1136, comma 2, cod. civ. (maggioranza dei presenti e 500 millesimi di proprietà), non necessitando l'unanimità. A tale proposito, l'estensore della sentenza, dott. Roberto Michele Triola, presidente della Sez. II, in un convegno organizzato dall'ANACI e dall'UPPI a Pisa, lo scorso 6 ottobre, fugando tutti i dubbi espressi in merito da alcuni esperti e associazioni, ha affermato che il principio enunciato nella sentenza è applicabile a ogni tipo di tabella, da quelle generali o di proprietà, derivate dall'art. 1118 cod. civ., a quelle derivanti dall'applicazione degli artt. 1123 (spese generali e riscaldamento) e 1124 (ascensore) dello stesso codice. La seconda sentenza invece, la n. 18331/2010, semplifica l'azione dei dissidenti che potranno impugnare la delibera di approvazione delle tabelle, citando il solo amministratore e non più tutti i condomini. Peraltro, il dott. Triola, al timore espresso da alcuni amministratori partecipanti al Convegno della possibile insorgenza di un gran numero di contenziosi, a seguito della semplificazione delle procedure, ha precisato che - in ogni caso - la condizione per modificare le tabelle è la sussistenza delle motivazioni previste dai due commi di cui è composto l'art. 69 disp. att. cod. civ., mancando le quali nemmeno l'unanimità dei condòmini consente la modificazione delle tabelle.
Le responsabilità del tecnico incaricato dell'operazione
Di conseguenza, nel caso di sopraelevazioni o recuperi di sottotetto, sussistendo le condizioni per la revisione delle tabelle per l'incremento di superficie abitabile realizzata, il tecnico incaricato dall'amministratore, o direttamente dall'assemblea, dovrà iniziare le operazioni tecniche, procedendo in primo luogo alla ricerca dell'eventuale prospetto di calcolo originario, risalente alla costruzione dell'edificio condominiale, ovvero alla costituzione del condominio, nel caso di fabbricati già di unica proprietà, frazionati e venduti agli inquilini o a terzi.
Poiché, nella fattispecie, non si tratta di compilare una nuova tabella ma solo integrare quella esistente, scopo di tale ricerca è quello di verificare quali siano stati i coefficienti utilizzati dal compilatore, per determinare prima la superficie commerciale delle singole proprietà, partendo da quella reale rilevabile dalle planimetrie, e poi i coefficienti correttivi della superficie commerciale medesima, per ottenere quella virtuale da utilizzare per il calcolo delle carature.
Coefficienti correttivi della superficie commerciale
In materia non esiste normativa di merito ma soltanto una circolare del Ministero dei lavori pubblici, la n. 12480 del 26 marzo 1966, integrata dalla circ. n. 2945 del 26 luglio 1993, diretta ai collaudatori dei fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, fruenti di contributi statali, per il calcolo della tabella di riparto delle spese di costruzione degli edifici fra i singoli soci. Del resto, anche la scarsa dottrina fa propri i principi enunciati dalla predetta circolare (per tutte V. Gasparelli Le tabelle millesimali per gli edifici in condominio, Milano, 1998 - Luigi Rizzi Le tabelle dei millesimi in condominio, De Donato Editore, 1978).
In particolare, si ricorda che i coefficienti correttivi basilari da utilizzare si riferiscono alla destinazione dei locali, al piano di ubicazione, al riscontro d'aria, all'orientamento rispetto ai punti cardinali, al prospetto, luminosità e altezza utile interna che, moltiplicati in sequenza per le superfici commerciali, produrranno quella virtuale ricercata per ogni singola proprietà e, quindi, quella complessiva dell'edificio condominiale.
Pertanto, l'operazione di revisione diverrà semplice in presenza del prospetto, ma in assenza dell'elaborato originale l'integrazione della tabella richiederà di seguire un altro più complesso percorso, finalizzato alla determinazione delle quote millesimali da attribuire alle nuove unità, senza entrare nel merito delle carature relative alle altre porzioni di fabbricato, rimaste inalterate.
Di conseguenza, nel caso frequente di mancanza del prospetto di calcolo originale, il tecnico dovrà calcolare i rapporti fra millesimi e superfici commerciali delle unità immobiliari del piano sottostante a quello sopraelevato o reso abitabile, da cui ricavare un rapporto medio da applicare alle superfici commerciali delle nuove unità immobiliari.
Ottenuto il rapporto, il tecnico dovrà verificare se il nuovo piano sia o meno raggiunto dal servizio di ascensore per cui, solo in caso affermativo, il rapporto medesimo dovrà essere incrementato di una percentuale per la differenza di piano, di norma dal 3 al 5%.
Successivamente l'operatore, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari, potrà agilmente procedere al riparto, ottenendo prima una tabella integrata superiore a mille, che con una semplice funzione proporzionale, sarà riportata a mille.
Il ruolo della relazione tecnica
A questo punto è bene precisare che, proprio alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, la relazione tecnica di accompagnamento delle tabelle assume una rilevanza notevole, in quanto in essa deve essere chiaramente esposta la procedura seguita nel computo generale, non tanto per quanto riguarda gli elementi oggettivi (superfici, destinazioni, altezze interne dei locali ecc.), ma sopratutto per quelli soggettivi espressi dal tecnico, quali i pareri estimali relativi ai coefficienti applicati, alla destinazione d'uso e all'ubicazione di piano, che traducono in carature millesimali il rapporto fra il valore delle unità immobiliari e quello dell'intero edificio, rendendolo aritmeticamente percepibile.
Non a caso infatti la Cassazione, nella sent. n. 18477/2010, ha precisato che «la tabella serve a esprimere, in precisi termini aritmetici, un preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini».
Peraltro, tale rapporto può essere correttamente determinato solo se il tecnico ha effettuato i necessari riscontri sui valori di mercato, attingendo informazioni presso fonti e mercuriali attendibili, quale quella dell'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell'Agenzia del territorio, i borsini immobiliari presso le Camere di Commercio delle grandi città, compilati con la collaborazione della Fiaip e del Caam, l'istituto Scenari Immobiliari di Milano, Tecnocasa, Nomisma, Cresme, tutti del resto convenzionati con l'OMI.
Infatti, solo conoscendo i valori delle diverse tipologie di unità, presenti nel complesso condominiale (negozi, abitazioni, uffici, box, magazzini ecc.), è possibile definire correttamente il coefficiente di destinazione, che è basilare nel calcolo della tabella, mentre tutti gli altri sono reperibili in dottrina e dalle pubblicazioni delle commissioni provinciali degli usi e consuetudini locali, presso le Camere di Commercio, nonché dalla nostra rivista Consulente immobiliare, nelle due edizioni (primavera e autunno) in cui sono riportate le quotazioni del mercato immobiliare.
Da quanto esposto, risulta evidente l'importanza della relazione, che dovrà essere accurata ed espressa in termini facilmente comprensibili anche per soggetti a digiuno di nozioni tecniche, citando anche le fonti di rilevamento dei prezzi correnti di mercato in quanto, il parere dei condòmini si forma proprio sulla lettura della relazione.
Adempimenti successivi all'approvazione delle tabelle
Ovviamente, dopo la discussione che segue la precedente fase, l'assemblea potrà approvare gli elaborati del tecnico, con la maggioranza dei presenti titolari di almeno 500 millesimi di proprietà (della vecchia tabella), che i dissidenti presenti e gli assenti, se si ritenessero danneggiati, potranno successivamente impugnare. A questo punto peraltro, in ogni caso, è consigliabile depositare la delibera con le tabelle presso un notaio per ottenere la forma scritta, al fine di poterne ottenere copie autentiche in ogni tempo successivo, specie nel caso di cessione di unità immobiliari a terzi, futuri condòmini.
Considerazioni conclusive
In definitiva, il nuovo orientamento giurisprudenziale sulla materia avrà l'effetto di sbloccare molte situazioni di stallo nei condomini, che rendono difficoltosa anche la gestione amministrativa, in quanto - in molti casi - le tabelle esistenti non sono pari a mille, ma spesso superano tale limite, per aggiustamenti empirici apportati in passato, nel caso di recupero di sottotetti o sopraelevazioni, al fine di ottenere un parametro necessario a ripartire le spese, non volendo modificare i millesimi originari, indicati nei rogiti di acquisto come se fossero dogmi, a scapito della precisione e del buon senso. Tuttavia, la nuova e più fluida procedura per l'approvazione delle tabelle revisionate, a nostro avviso, rende ancor più importante l'azione del tecnico compilatore, che deve rendere trasparente il proprio operato, tramite un'esaustiva relazione di accompagnamento, a garanzia della correttezza degli elaborati, nell'interesse dei condòmini, relazione che purtroppo, talvolta, alcuni tecnici non compilano.
Fonte: Commentro tratto dalla rivista "Consulente Immobiliare", Il Sole 24 Ore, 15 novembre2010, n. 871
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