mercoledì 22 dicembre 2010
Pubblicata la Finanziaria 2011, prorogato di un anno il bonus 55%
La novità introdotta riguarda il periodo di detrazione: le spese verranno recuperate in dieci anni e non più in cinque.
Anche l’ENEA, in un aggiornamento della FAQ 65 relativa alla detrazione del 55%, ha chiarito che le spese sostenute nel 2011 saranno detraibili in dieci anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2012. Invece quelle pagate entro il 2010 saranno detraibili in cinque anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2011.
Resta confermato che la documentazione degli interventi eseguiti (Allegato F oppure Allegato A+Allegato E a seconda dell’intervento), va trasmessa all’ENEA entro 90 giorni dal termine dei lavori.
Inoltre, il mancato completamento dei lavori nel 2010 va comunicato all’Agenzia delle Entrate con apposita comunicazione telematica entro il 31 marzo 2011, specificando quanto pagato nel 2010.
Scarica qui la Legge dello Stato 13/12/ 2010 n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2011) (Suppl. Ordinario n.281)
Pubblicata il 22 dicembre 2010
Fonte: http://www.edilportale.com/
giovedì 9 dicembre 2010
Il 55% riparte con dieci rate
Formula decennale
La proroga al 31 dicembre 2011 lascia inalterate le regole base della detrazione, a partire dalla documentazione che deve essere inviata all'Enea, ma cambia la sua distribuzione nel tempo: il bonus sulle spese sostenute dal prossimo 1° gennaio si dividerà in dieci rate annuali, anziché cinque. Quindi l'ammortamento del 55% è destinato ad allinearsi a quello del 36% sulle ristrutturazioni edilizie, anche se gli investimenti per il risparmio energetico non dovrebbero prevedere alcun iter accelerato per i contribuenti più anziani (gli over 75enni possono dividere il 36% in cinque anni e gli over 80enni in tre).
La formula decennale è meno vantaggiosa di quella quinquennale, ma con un'inflazione contenuta come quella attuale dovrebbe comportare una perdita accettabile per i contribuenti: pochi punti percentuali dell'importo complessivo, in termini di potere d'acquisto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 novembre). Anzi, in caso di redditi particolarmente bassi – o crediti d'imposta rilevanti – potrebbe addirittura rivelarsi conveniente rinviare i pagamenti. A fare la differenza, infatti, sarà il momento in cui le spese risultano sostenute.
Per le persone fisiche e i lavoratori autonomi (tranne il caso del leasing), vale il principio di cassa, e si fa riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale. Non rileva, quindi, né la data della fattura, né quella del contratto eventualmente stipulato con l'impresa. Per le imprese, invece, vale il criterio di competenza e si deve guardare il momento in cui avviene la consegna o la spedizione (per l'acquisto di beni) o il momento di ultimazione della prestazione (per i servizi, come ad esempio il contratto d'appalto).
Effetto indotto
Per la rateazione del 55%, quella decisa dalla legge di stabilità è la quarta modifica in cinque anni: per gli importi relativi al 2007, le rate erano tre; poi sono diventate dieci a scelta del contribuente nel 2008; per passare a cinque a partire dall'anno scorso. D'altra parte, è proprio agendo sul numero di rate che il legislatore ha via via modulato l'impatto dell'agevolazione per le casse pubbliche. Lo dimostra anche la relazione tecnica alla legge di stabilità, che quantifica in appena 32,4 milioni di euro il peso della proroga per l'erario nel 2012, anno in cui i contribuenti inseriranno nelle dichiarazioni fiscali i bonus maturati con le spese dell'anno prossimo. Quanto al 2011, l'effetto stimato è positivo per 124,8 milioni, grazie ai tributi relativi sui lavori che senza la detrazione non sarebbero stati eseguiti (o sarebbero stati eseguiti in nero).
Naturalmente, nel 2011 il fisco dovrà finanziare le rate di detrazione legate ai lavori eseguiti negli anni precedenti, ma è importante sottolineare l'effetto moltiplicatore del 55 per cento. Insomma, su 11,1 miliardi di spese sostenute tra il 2007 e il 2010, l'onere effettivo per le casse pubbliche sarà inferiore ai 6,1 miliardi che ne costituiscono l'esatto 55 per cento. Quanto inferiore è impossibile dirlo, e del resto le stime del Cresme non risultano perfettamente allineate a quelle della relazione, ma il risultato è indubbio.
pubblicato il 9 dicembre 2010
Fonte: Il Sole 24ore
lunedì 6 dicembre 2010
Balconi e ripartizione delle spese di manutenzione: problema senza soluzione?
In tale ambito una questione che appare senza soluzione è quella relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono dalla facciata del fabbricato.
Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che più volte ha mutato orientamento nel corso del tempo.
La ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti è l’oggetto di un approfondimento curato da BibLus-net:
Per la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti era divenuta prassi consolidata l’applicazione (per estensione) dell’art. 1125 del Codice Civile (relativo a volte, solai e soffitti) considerando il balcone un prolungamento dei solaio interpiano.
Questo approccio, pur apparendo condivisibile, è stato progressivamente minato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali.
Alcune questioni sollevate nel corso di controversie relative alla questione trattata (eventuale valenza architettonica dei balconi, eventuale funzione di copertura etc.) hanno portato alla formulazione di due possibili ipotesi alternative:
1) La parte superiore del balcone è di proprietà dell’appartamento che se ne serve e, pertanto, ad esso competono le spese per la sua manutenzione. La parte inferiore (sottobalcone) così come il frontalino, essendo visibile dalla strada, deve essere considerata parte integrante della facciata; le spese, pertanto, vanno ripartite tra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti dei balconi.
2) La seconda ipotesi, invece, avvalorata (suffragata) da alcuni recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, prevede che tutte le spese relative alla manutenzione del balcone (parte superiore e parte inferiore) competano al proprietario dell’appartamento che se ne serve.
La considerazione alla base di questa teoria è che il balcone aggettante ad “uso esclusivo dell’appartamento” non funge da copertura all’appartamento sottostante. Questa considerazione, in verità, non appare esente da critiche poiché la presenza dello sbalzo in facciata offre comunque un riparo, seppur parziale, dalle intemperie all’appartamento (o al balcone) sottostante.
Muovendo dalla considerazione che se si interviene su tutti i balconi contemporaneamente la differenza di spesa per un condomino di un fabbricato privo di particolari vezzi architettonici che consegue all’applicazione del criterio previsto dall’art. 1125 C.C. o del criterio proposto dalla Corte di Cassazione è nulla o trascurabile, vediamo quali problemi può innescare l’applicazione dell’uno o dell’altro.
Ripartizione secondo criterio 2) “suggerito” dalle Corte di Cassazione
“A” sostiene le spese per 2 e 3
“B” sostiene le spese per 4 e 5
Il condominio si accolla le spese per 1
Nell’esempio considerato le spese sostenute da ciascuno dei soggetti sono equivalenti nell’uno e nell’atro caso; ciò che fa la differenza è la possibilità di fare un qualsiasi uso del sottobalcone soprastante.
Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Non è infrequente che sui balconi aggettanti siano installate tende parasole, lampade da soffitto e addirittura verande.
Premesso che per ciascuno degli interventi citati occorre munirsi dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, se si sceglie di adottare il criterio 2) (quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) per l’esecuzione di uno degli interventi citati è necessario sottostare alla volontà del proprietario dell’appartamento soprastante, unico proprietario della struttura (il balcone) su cui si va ad intervenire.
In sintesi occorre ottenere il permesso del proprietario della soletta soprastante che dovrebbe concedere, in pratica, la costituzione di una servitù.
E cosa accade quando si decide di adottare tale criterio (sempre il criterio 2), quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) nei condomini ove si è già proceduto a realizzare interventi come quelli citati ?
Come si considerano i balconi con verande o tende già installate ? Come ci si comporta, ad esempio, nel caso seguente ?

In conclusione, risulta evidente che non è al momento univocamente determinabile il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione dei balconi aggettanti.
Revisione di tabelle millesimali, il ruolo del tecnico
La prima sentenza della Cassazione, la n. 18477, ampliando le competenze dell'assemblea, ha affermato che l'approvazione delle tabelle, redatte ex novo o modificate, può avvenire con le modalità previste dall'art. 1136, comma 2, cod. civ. (maggioranza dei presenti e 500 millesimi di proprietà), non necessitando l'unanimità. A tale proposito, l'estensore della sentenza, dott. Roberto Michele Triola, presidente della Sez. II, in un convegno organizzato dall'ANACI e dall'UPPI a Pisa, lo scorso 6 ottobre, fugando tutti i dubbi espressi in merito da alcuni esperti e associazioni, ha affermato che il principio enunciato nella sentenza è applicabile a ogni tipo di tabella, da quelle generali o di proprietà, derivate dall'art. 1118 cod. civ., a quelle derivanti dall'applicazione degli artt. 1123 (spese generali e riscaldamento) e 1124 (ascensore) dello stesso codice. La seconda sentenza invece, la n. 18331/2010, semplifica l'azione dei dissidenti che potranno impugnare la delibera di approvazione delle tabelle, citando il solo amministratore e non più tutti i condomini. Peraltro, il dott. Triola, al timore espresso da alcuni amministratori partecipanti al Convegno della possibile insorgenza di un gran numero di contenziosi, a seguito della semplificazione delle procedure, ha precisato che - in ogni caso - la condizione per modificare le tabelle è la sussistenza delle motivazioni previste dai due commi di cui è composto l'art. 69 disp. att. cod. civ., mancando le quali nemmeno l'unanimità dei condòmini consente la modificazione delle tabelle.
Le responsabilità del tecnico incaricato dell'operazione
Di conseguenza, nel caso di sopraelevazioni o recuperi di sottotetto, sussistendo le condizioni per la revisione delle tabelle per l'incremento di superficie abitabile realizzata, il tecnico incaricato dall'amministratore, o direttamente dall'assemblea, dovrà iniziare le operazioni tecniche, procedendo in primo luogo alla ricerca dell'eventuale prospetto di calcolo originario, risalente alla costruzione dell'edificio condominiale, ovvero alla costituzione del condominio, nel caso di fabbricati già di unica proprietà, frazionati e venduti agli inquilini o a terzi.
Poiché, nella fattispecie, non si tratta di compilare una nuova tabella ma solo integrare quella esistente, scopo di tale ricerca è quello di verificare quali siano stati i coefficienti utilizzati dal compilatore, per determinare prima la superficie commerciale delle singole proprietà, partendo da quella reale rilevabile dalle planimetrie, e poi i coefficienti correttivi della superficie commerciale medesima, per ottenere quella virtuale da utilizzare per il calcolo delle carature.
Coefficienti correttivi della superficie commerciale
In materia non esiste normativa di merito ma soltanto una circolare del Ministero dei lavori pubblici, la n. 12480 del 26 marzo 1966, integrata dalla circ. n. 2945 del 26 luglio 1993, diretta ai collaudatori dei fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, fruenti di contributi statali, per il calcolo della tabella di riparto delle spese di costruzione degli edifici fra i singoli soci. Del resto, anche la scarsa dottrina fa propri i principi enunciati dalla predetta circolare (per tutte V. Gasparelli Le tabelle millesimali per gli edifici in condominio, Milano, 1998 - Luigi Rizzi Le tabelle dei millesimi in condominio, De Donato Editore, 1978).
In particolare, si ricorda che i coefficienti correttivi basilari da utilizzare si riferiscono alla destinazione dei locali, al piano di ubicazione, al riscontro d'aria, all'orientamento rispetto ai punti cardinali, al prospetto, luminosità e altezza utile interna che, moltiplicati in sequenza per le superfici commerciali, produrranno quella virtuale ricercata per ogni singola proprietà e, quindi, quella complessiva dell'edificio condominiale.
Pertanto, l'operazione di revisione diverrà semplice in presenza del prospetto, ma in assenza dell'elaborato originale l'integrazione della tabella richiederà di seguire un altro più complesso percorso, finalizzato alla determinazione delle quote millesimali da attribuire alle nuove unità, senza entrare nel merito delle carature relative alle altre porzioni di fabbricato, rimaste inalterate.
Di conseguenza, nel caso frequente di mancanza del prospetto di calcolo originale, il tecnico dovrà calcolare i rapporti fra millesimi e superfici commerciali delle unità immobiliari del piano sottostante a quello sopraelevato o reso abitabile, da cui ricavare un rapporto medio da applicare alle superfici commerciali delle nuove unità immobiliari.
Ottenuto il rapporto, il tecnico dovrà verificare se il nuovo piano sia o meno raggiunto dal servizio di ascensore per cui, solo in caso affermativo, il rapporto medesimo dovrà essere incrementato di una percentuale per la differenza di piano, di norma dal 3 al 5%.
Successivamente l'operatore, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari, potrà agilmente procedere al riparto, ottenendo prima una tabella integrata superiore a mille, che con una semplice funzione proporzionale, sarà riportata a mille.
Il ruolo della relazione tecnica
A questo punto è bene precisare che, proprio alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, la relazione tecnica di accompagnamento delle tabelle assume una rilevanza notevole, in quanto in essa deve essere chiaramente esposta la procedura seguita nel computo generale, non tanto per quanto riguarda gli elementi oggettivi (superfici, destinazioni, altezze interne dei locali ecc.), ma sopratutto per quelli soggettivi espressi dal tecnico, quali i pareri estimali relativi ai coefficienti applicati, alla destinazione d'uso e all'ubicazione di piano, che traducono in carature millesimali il rapporto fra il valore delle unità immobiliari e quello dell'intero edificio, rendendolo aritmeticamente percepibile.
Non a caso infatti la Cassazione, nella sent. n. 18477/2010, ha precisato che «la tabella serve a esprimere, in precisi termini aritmetici, un preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini».
Peraltro, tale rapporto può essere correttamente determinato solo se il tecnico ha effettuato i necessari riscontri sui valori di mercato, attingendo informazioni presso fonti e mercuriali attendibili, quale quella dell'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell'Agenzia del territorio, i borsini immobiliari presso le Camere di Commercio delle grandi città, compilati con la collaborazione della Fiaip e del Caam, l'istituto Scenari Immobiliari di Milano, Tecnocasa, Nomisma, Cresme, tutti del resto convenzionati con l'OMI.
Infatti, solo conoscendo i valori delle diverse tipologie di unità, presenti nel complesso condominiale (negozi, abitazioni, uffici, box, magazzini ecc.), è possibile definire correttamente il coefficiente di destinazione, che è basilare nel calcolo della tabella, mentre tutti gli altri sono reperibili in dottrina e dalle pubblicazioni delle commissioni provinciali degli usi e consuetudini locali, presso le Camere di Commercio, nonché dalla nostra rivista Consulente immobiliare, nelle due edizioni (primavera e autunno) in cui sono riportate le quotazioni del mercato immobiliare.
Da quanto esposto, risulta evidente l'importanza della relazione, che dovrà essere accurata ed espressa in termini facilmente comprensibili anche per soggetti a digiuno di nozioni tecniche, citando anche le fonti di rilevamento dei prezzi correnti di mercato in quanto, il parere dei condòmini si forma proprio sulla lettura della relazione.
Adempimenti successivi all'approvazione delle tabelle
Ovviamente, dopo la discussione che segue la precedente fase, l'assemblea potrà approvare gli elaborati del tecnico, con la maggioranza dei presenti titolari di almeno 500 millesimi di proprietà (della vecchia tabella), che i dissidenti presenti e gli assenti, se si ritenessero danneggiati, potranno successivamente impugnare. A questo punto peraltro, in ogni caso, è consigliabile depositare la delibera con le tabelle presso un notaio per ottenere la forma scritta, al fine di poterne ottenere copie autentiche in ogni tempo successivo, specie nel caso di cessione di unità immobiliari a terzi, futuri condòmini.
Considerazioni conclusive
In definitiva, il nuovo orientamento giurisprudenziale sulla materia avrà l'effetto di sbloccare molte situazioni di stallo nei condomini, che rendono difficoltosa anche la gestione amministrativa, in quanto - in molti casi - le tabelle esistenti non sono pari a mille, ma spesso superano tale limite, per aggiustamenti empirici apportati in passato, nel caso di recupero di sottotetti o sopraelevazioni, al fine di ottenere un parametro necessario a ripartire le spese, non volendo modificare i millesimi originari, indicati nei rogiti di acquisto come se fossero dogmi, a scapito della precisione e del buon senso. Tuttavia, la nuova e più fluida procedura per l'approvazione delle tabelle revisionate, a nostro avviso, rende ancor più importante l'azione del tecnico compilatore, che deve rendere trasparente il proprio operato, tramite un'esaustiva relazione di accompagnamento, a garanzia della correttezza degli elaborati, nell'interesse dei condòmini, relazione che purtroppo, talvolta, alcuni tecnici non compilano.
Fonte: Commentro tratto dalla rivista "Consulente Immobiliare", Il Sole 24 Ore, 15 novembre2010, n. 871
mercoledì 22 settembre 2010
EDILTEK 2010: una fiera dinamica che guarda al futuro.
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lunedì 20 settembre 2010
SCIA: la nuova procedura sostituisce la DIA
Come funziona la nuova procedura
Diventa possibile l’inizio dei lavori nel giorno stesso della segnalazione dell’interessato all’amministrazione preposta, senza attendere i 30 giorni previsti dalla precedente disciplina, ferma restando la possibilità di effettuare verifiche in corso d’opera.
La segnalazione deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e atto di notorietà previsti dal Dpr 445/2000, dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati, dalle dichiarazioni di conformità rilasciate dall'Agenzia delle imprese, dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Le autocertificazioni sostituiscono i pareri di organi o enti appositi, così come l'esecuzione di verifiche preventive previste dalla legge.
Nel caso in cui venga accertata una carenza dei requisiti, l’amministrazione può adottare provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti dannosi entro 60 giorni dal ricevimento della segnalazione. Decorso questo termine vale la regola del silenzio - assenso, a meno che non si incorra nel rischio di danni gravi e irreparabili per il patrimonio artistico e culturale, l’ambiente, la salute e la sicurezza pubblica.
In caso di dichiarazioni false o mendaci l’Amministrazione può vietare la prosecuzione dei lavori, applicare sanzioni penali da uno a tre anni di reclusione o quelle previste dal capo VI del Dpr 445/2000.
Esclusioni
La nuova procedura non può essere applicata in presenza di vincoli ambientali né agli gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire che possono essere realizzati alternativamente con Dia.
Sono esclusi anche i casi in cui sussistano vincoli culturali, così come non è ammesso alcun tipo di contrasto con gli atti imposti dalla normativa comunitaria e con quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, alle reti di acquisizione del gettito.
I chiarimenti del Ministero
La formulazione della Legge 122/2010, che ha convertito il decreto sulla manovra estiva introducendo la Scia, aveva destato qualche dubbio. Il testo, che prevede la sostituzione della Dia con la Scia, ha dato vita a interpretazioni discordanti, basate sulla differenza tra Dichiarazione di inizio attività, necessaria per l’avvio delle imprese, e Denuncia di inizio attività, da presentare all’Ufficio tecnico 30 giorni prima di iniziare alcune tipologie di interventi edilizi.
Secondo alcuni, il fatto che non venisse menzionata esplicitamente la denuncia di inizio attività escludeva automaticamente l’edilizia dalla semplificazione. Le diverse posizioni si erano tradotte anche nei regimi differenziati adottati dai Comuni. Se in alcuni, come Napoli e Bari, era stato possibile fin da subito la presentazione della Scia, in altri come Firenze, si continuava a negare l’applicazione all’edilizia. Un altro gruppo di Enti locali accettava invece in parallelo sia le Dia che le Scia.
Con la nota ministeriale è stata confermata infatti l’ipotesi sostenuta da quanti vedono nella semplificazione del comparto edile la chiave per la soluzione della crisi economica.
Per l’ufficio legislativo del Ministero vale l’argomento letterale: secondo l’articolo 49 della legge 122/2009, segnalazione certificata di inizio attività e Scia sostituiscono, rispettivamente, quelle di dichiarazione di inizio attività e Dia. Il legislatore, inoltre, non ha indicato la Dia edilizia tra quelle oggetto di espressa esclusione dall’ambito applicativo della disposizione.
La previsione in base alla quale la segnalazione certificata di inizio attività è corredata non solo dalle certificazioni ed attestazioni, ma anche dalle “asseverazioni” dei tecnici abilitati appare in linea con la Dia disciplinata dal Dpr 380/2001, Testo Unico dell’edilizia.
La sostituzione però non è sempre automatica. È stato infatti chiarito che la sostituzione della Scia non opera nei casi previsti dall’articolo 22 comma 3 del Dpr 380/2001, che indica gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire che possono essere realizzati alternativamente con Dia.
Dal momento che lo stesso articolo, al comma 4, riconosce alle Regioni la possibilità di decidere se assoggettare questa categoria di interventi a permesso di costruire o a Dia, la circolare ha spiegato che la sostituzione non vale neanche per le leggi regionali entrate in vigore prima della manovra estiva.
La circolare spiega poi che in caso di interventi in zona sottoposta a vincolo, l’atto di assenso dell’ente preposto alla tutela del vincolo non può essere sostituito dalla Scia.
Scarica qui la Circolare del Ministero
pubblicato il 17 settembre 2010
Fonte: www.edilportale.it
venerdì 3 settembre 2010
Sanatoria catastale, delimitata l’applicazione della manovra
È stata approvata lo scorso 10 agosto la Circolare 3/2010 che, oltre a fornire una panoramica generale, specifica i casi di esclusione dall’applicazione delle normative introdotte.
L’articolo 19 della manovra prevede l’emersione degli “immobili fantasma” e l’individuazione dei titolari dei diritti reali sugli immobili. A tal fine sono state introdotte azioni di monitoraggio degli edifici esistenti e qualche modifica in materia di locazioni e compravendite.
Oltre all’iscrizione in Catasto degli immobili non censiti, devono essere comunicate le variazioni subite dagli edifici. Hanno rilevanza catastale tutti gli interventi che influiscono sul classamento e la rendita degli immobili. Tra questa tipologia di lavori non è inclusa la modifica esterna dei fabbricati ampliati che non incide sul perimetro.
La mancata corrispondenza allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie rende nulli i contratti di locazione o compravendita. In fase di conversione è stato deciso che la dichiarazione sulla conformità può essere sostituita da una attestazione rilasciata da un tecnico abilitato.
Sono esclusi dall’applicazione della norma e dall’obbligo di comunicare le variazioni gli immobili classificati sotto la categoria F dal DM 28/1998 e i beni comuni non censibili, come androni e scale.
La situazione può cambiare per gli alloggi dei portieri, definiti come beni comuni censiti, quando vengono sottratti alla comproprietà condominiale attraverso la vendita ad un condomino o a un soggetto terzo.
Non devono essere segnalati al Catasto neanche le particelle censite al Catasto terreni, i fabbricati rurali, gli edifici diroccati iscritti come unità collabenti, gli edifici in corso di costruzione e gli spostamenti di pareti interne che non creano nuovi vani.
In base al decreto legge iniziale, il processo di accertamento per l’individuazione dei fabbricati non dichiarati doveva concludersi il 30 settembre. Il termine è stato però prorogato fino al 31 dicembre. Dopo la registrazione delle dichiarazioni dei titolari dei diritti reali sugli “immobili fantasma”, i dati vengono messi a disposizione degli enti locali che possono effettuare controlli sulla conformità urbanistico – edilizia. Uno dei maggiori punti di scontro sulla sanatoria catastale riguardava infatti la possibilità che l’emersione degli edifici non dichiarati potesse trasformarsi in un condono mascherato.
Ai soggetti che non rispettano i termini per le dichiarazioni sarà applicata una rendita presunta da iscrivere in via transitoria in Catasto. La circolare chiarisce che vale la stessa tempistica per gli immobili sui quali sono stati effettuati interventi con variazioni non dichiarate di consistenza e destinazione. Per effettuare i controlli la legge ha esteso agli uffici dell’Agenzia del Territorio i poteri istruttori previsti dal Dpr 633/1972.
Per vedere le norme correlate:
- Circolare 10/08/ 2010 n. 3 : Agenzia del Territorio - Art. 19 del decreto legge 31 maggio 2010, n.78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.122 - Aggiornamento del Catasto
- Legge dello Stato 30/07/ 2010 n. 122 : Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica
Fonte: www.edilportale.it
venerdì 25 giugno 2010
Dall’Ance la nuova Guida alle detrazioni fiscali del 36%
Si ricorda, infatti, che l`art.2, commi 10 - 11, della legge 191/2009 ha previsto:
- la proroga al 31 dicembre 2012 della detrazione IRPEF del 36% per le spese di recupero dei fabbricati abitativi, nel limite di 48.000 euro per unita` immobiliare;
- la messa a regime dell`IVA al 10% per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle abitazioni.
E` stata, inoltre, prorogata per un ulteriore anno anche la detrazione IRPEF del 36% per l`acquisto di abitazioni poste in fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzioni (da calcolare sul 25% del prezzo di acquisto, nel limite di 48.000 euro per unita` immobiliare), reintrodotta dal 1° gennaio 2008 dalla legge Finanziaria 2008 (art.1, comma 17, lett.b, legge 244/2007).
In virtu` della proroga, per tale fattispecie, la detrazione spetta a condizione che:
- gli interventi di recupero, da realizzare sull`intero fabbricato, siano eseguiti dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2012;
- il rogito per l`acquisto delle abitazioni sia stipulato entro il 30 giugno 2013.
Nell`Appendice alla Guida sono, inoltre, raccolte le disposizioni normative in materia, la giurisprudenza e i documenti di prassi emanati dall`Agenzia delle Entrate.
Si ricorda infine che, a decorrere dal 1° luglio 2010, l`art.25 del D.L. 78/2010 (ancora in corso di conversione in legge) ha previsto l`obbligo, per le Banche e le Poste italiane S.p.A., di operare una ritenuta del 10% a titolo di acconto delle imposte sul reddito dovute dalle imprese, all`atto dell`accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per usufruire di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d`imposta (cfr. News ANCE n.905 del 3 giugno 2010).
Tale obbligo operera`, di conseguenza, anche con riferimento ai pagamenti effettuati con bonifico relativi a spese per le quali sono riconosciute la detrazione IRPEF del 36%, fermo restando che, con Provvedimento del Direttore dell`Agenzia delle Entrate, saranno successivamente individuate nel dettaglio le tipologie di pagamenti nonche` le modalita` di esecuzione degli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute operate.
In merito, l`ANCE ha gia` intrapreso le piu` opportune iniziative per ottenere un ripensamento da parte del Governo, tenuto conto che la ritenuta del 10% si traduce unicamente in una minor disponibilita` monetaria per le imprese esecutrici degli interventi e che l`Amministrazione Finanziaria dispone gia` di tutti gli strumenti idonei a selezionare le posizioni da assoggettare a verifica.
Scarica la Guida alle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e Appendice
oppure scarica il file zip
pubblicata il 18giugno2010
Fonte: www.ance.it
venerdì 28 maggio 2010
Detrazione 55%: rettifica all’Enea con autocertificazione
Ad oggi però, l’Enea non ha ancora implementato la procedura informatica per l’invio telematico della scheda rettificativa.
Di conseguenza, i contribuenti che utilizzano il Modello di dichiarazione 730/2010, il cui termine di presentazione scade il 31 maggio 2010, non hanno la possibilità di inoltrare la rettifica e di fruire della detrazione per le spese non indicate nella scheda informativa precedentemente inviata all’ENEA.
Con la Risoluzione n. 44/E del 27 maggio 2010, l’Agenzia delle Entrate ovvia al problema indicando ai contribuenti la procedura per beneficiare della detrazione anche per le spese che non risultano dalla scheda originaria. Si dovrà:
• presentare ai soggetti che prestano l’assistenza fiscale una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, nella quale sono evidenziati i dati della scheda informativa precedentemente trasmessa all’ENEA opportunamente modificati;
• provvedere all’invio telematico della scheda rettificativa entro 90 giorni dalla data di attivazione della procedura informatica da parte dell’Enea.
I soggetti che prestano l’assistenza fiscale dovranno specificare, nelle annotazioni dei relativi modelli di dichiarazione, che la detrazione è stata riconosciuta sulla base della dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Ove il contribuente non provveda nei 90 giorni successivi alla attivazione della procedura informatica all’invio telematico della scheda rettificativa all’ENEA, la parte di detrazione riferita alle spese in questione deve ritenersi indebita, senza che siano applicabili sanzioni nei confronti del soggetto che in sede di assistenza fiscale abbia acquisito la predetta dichiarazione sostitutiva.
Scarica qui la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate
pubblicata il 28 maggio 2010
Fonte: www.edilportale.it
martedì 25 maggio 2010
IN VIGORE OGGI IL DL INCENTIVI : Legge 73/2010
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori.
Scarica qui il testo della Legge 73/2010.
domenica 2 maggio 2010
Sicurezza in condominio: dal Ministero del Lavoro tutti i chiarimenti
Di seguito i quesiti che hanno avuto risposta dal Ministero.
• Chi è tenuto ad adempiere agli obblighi di sicurezza che gravano sul condominio?
• Per il condominio la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è prevista esclusivamente in presenza di lavoratori dipendenti che non rientrano nel campo del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati?(Risposta a quesito del 19 aprile 2010)
• Per l’adempimento dell’obbligo di informazione (articolo 36 del D.Lgs. n. 81/2008) nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 9, è corretta l’effettuazione di una comunicazione scritta al lavoratore che contenga i requisiti previsti dall’articolo 36 ma non quelli previsti per il DVR negli artt. 28 e 29? (Risposta a quesito del 19 aprile 2010)
• Nel caso in cui il condominio sia datore di lavoro (per la presenza di dipendenti ai quali si applichi il contratto collettivo dei proprietari di fabbricati o altra tipologia di lavoratore) e di contemporaneo “affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi” (di cui all’articolo 26) il condominio medesimo deve intendersi “datore di lavoro” anche nei confronti di tali imprese o lavoratori autonomi con applicazione dei conseguenti obblighi?
• Ove il condominio, che sia “datore di lavoro” nei confronti di lavoratori ai quali si applichi il contratto collettivo dei proprietari di fabbricati o altra tipologia di lavoratore, affidi “lavori, servizi o forniture” a impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi, ex articolo 26 del “Testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, potrà indifferentemente ottemperare all’obbligo di fornire “informazioni dettagliate” (art. 26, comma 1, lett. b), e a quello di “informarsi reciprocamente” (art. 26, comma 2, lett. b), con una comunicazione (nel caso di non sussistenza di rischi da interferenze) oppure con la predisposizione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (in caso contrario)?
Scarica qui la nota del Ministero
Pubblicato il 29 aprile 2010
Fonte: www.acca.it
martedì 27 aprile 2010
Detrazione 55%: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella Circolare 21/E del 23 aprile 2010, con la quale ha fornito indicazioni sulle detrazioni fiscali.
L’Agenzia conferma la possibilità di detrarre il 55% delle spese per la sostituzione dei portoni di ingresso, a condizione che si tratti di serramenti che delimitano l’involucro riscaldato dell’edificio, verso l’esterno o verso locali non riscaldati, e risultino rispettati gli indici di trasmittanza termica richiesti per la sostituzione delle finestre.
Uno dei quesiti riguarda la cumulabilità del bonus del 55% con altri contributi: l’Agenzia spiega che, dal 1° gennaio 2009, è necessario scegliere se applicare la detrazione del 55% o, in alternativa, beneficiare di eventuali contributi comunitari, regionali o locali. Non è possibile, quindi, cumulare, per lo stesso intervento, la detrazione del 55% con altri benefici. Se un contribuente ha richiesto l’assegnazione di eventuali contributi erogati da enti locali o dalla Comunità Europea, può avvalersi della detrazione del 55%, fermo restando che, qualora questi gli vengano riconosciuti, ed intenda beneficiarne, dovrà restituire la detrazione già utilizzata in dichiarazione anche per la parte non coperta da contributo.
Tornando alle tipologie di intervento agevolabili, viene chiarito che è l’installazione di un impianto di riscaldamento centralizzato in un fabbricato in cui solo la metà degli appartamenti è già dotata di impianto di riscaldamento è consentito, ma limitatamente alla parte di spesa relativa agli appartamenti nei quali l’impianto era presente. La quota di spesa detraibile deve essere individuata con un criterio di ripartizione proporzionale basato sulle quote millesimali di ciascun appartamento.
Nel caso di interventi a cavallo di più anni, occorre inviare all’Agenzia delle Entrate apposita comunicazione. Se questa dichiarazione non viene inviata, o viene inviata altre i termini (90 giorni dalla fine del periodo di imposta in cui le spese sono state sostenute), non si decade dal beneficio, ma l’inadempimento è punito con una sanzione da 258 a 2.065 euro.
La detrazione degli interventi di riqualificazione energetica eseguiti con contratto di leasing spetta all’utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente. Non è obbligatorio pagare tramite bonifico; l’invio della scheda informativa all’Enea e della comunicazione all’Agenzia per gli eventuali lavori pluriennali compete a chi si avvale della detrazione; la società di leasing deve attestare la fine dei lavori e il costo sostenuto, sul quale determinare la detrazione.
Infine, è concessa la possibilità di rettificare, anche oltre i 90 giorni dalla fine dei lavori, eventuali errori commessi nella compilazione della scheda informativa destinata all’ENEA. Il contribuente può correggere il contenuto della scheda mediante l’invio telematico di una nuova comunicazione, che annulli e sostituisca la precedente. Con la nuova scheda informativa dovrà essere re-inviato anche l’attestato di qualificazione energetica, ove richiesto. La rettifica dovrà, comunque, essere inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale la spesa può essere portata in detrazione.
La Circolare 21/E chiarisce anche alcuni dubbi sulla detrazione del 36% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Non è causa di decadenza dal beneficio la mancata comunicazione di fine lavori prevista per gli interventi di importo superiore a 51.645,69 euro. Il tetto di spesa su cui applicare la detrazione era originariamente fissato in 150 milioni di Lire (pari a 77.468,53 euro). Secondo la normativa vigente, è obbligatoria la comunicazione per i lavori il cui importo supera la somma di 100 milioni di Lire (pari a 51.645,69 euro). Dal 2003 il tetto per la detrazione del 36% è sceso a 48.000 euro, cioè al di sotto della soglia a partire dalla quale la comunicazione è obbligatoria (51.645,69 euro).
Scarica la Circolare 21/E di 23 aprile 2010
Pubblicato il 27 aprile 2010
Fonte: www.edilportale.it
giovedì 18 marzo 2010
55%: per i lavori iniziati entro il 14 marzo valgono i vecchi limiti di trasmittanza
Tuttavia, chi ha acquistato, commissionato o ordinato tra il 1° gennaio e il 14 marzo 2010 interventi di riqualificazione energetica degli edifici, di cui al comma 345 della Finanziaria 2007 (coibentazione di pareti, tetti, solai, coperture verticali o orizzontali, sostituzione di chiusure apribili con o senza superfici vetrate, ossia finestre e porte) e che sarebbero soggetti ai nuovi valori di trasmittanza più restrittivi, può osservare i vecchi limiti, a condizione che esistano contratti scritti, stipulati tra il 1° gennaio e il 14 marzo 2010, ai quali far risalire la data di inizio lavori.
È questa la risposta fornita dall’ENEA, consultatasi in proposito con la Segreteria Tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico.
La domanda è stata posta da un contribuente che ha acquistato gli infissi nel mese di febbraio 2010, osservando un valore di trasmittanza conforme al DM 11 marzo 2008,così da usufruire delle detrazioni del 55%. Tali valori sono però stati modificati dal DM 26 gennaio 2010, che entra in vigore oggi 15 marzo. Avendo già versato un acconto per l’acquisto degli infissi, il contribuente ha chiesto a quale valore di trasmittanza debba attenersi, se a quello dalle vecchie disposizioni o a quello disposto dal DM 26 gennaio 2010.
Fonte: www.edilportale.com
Pubblicato il 15 marzo 2010
lunedì 15 marzo 2010
Incontri relativi al Condominio sostenibile e alla certificazione energetica
domenica 14 marzo 2010
Pubblicata la nuova direttiva tecnica CasaClima
La richiesta di certificazione deve essere inoltrata prima dell'inizio lavori; nei casi in cui, previa verifica dello stato di avanzamento dei lavori, l'Agenzia acconsenta che la richiesta di certificazione venga presentata durante la fase di costruzione dell'edificio, la Direttiva tecnica di riferimento è comunque quella in vigore alla data di inizio lavori.
Ai fini della certificazione energetica CasaClima si dovranno rispettare tutte le verifiche e le prestazioni energetiche imposte dalle leggi nazionali vigenti.
Scarica la nuova Direttiva Tecnica CasaClima
Fonte: www.infobuildenergia.it
pubblicato il 12 marzo 2010
giovedì 11 marzo 2010
Detrazioni 55%: dal 1 gennaio 2009 le detrazioni del 55% non si cumulano con altri incentivi
Clicca qui per scaricare il testo completo della risoluzione 3/E dell’Agenzia delle Entrate
martedì 9 marzo 2010
Conto Energia: la nuova edizione della guida del GSE
Il Gestore per i Servizi Energetici (GSE) ha pubblicato la quarta edizione della Guida al Conto Energia. La pubblicazione, curata in collaborazione con l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, è uno strumento di consultazione per tutti coloro che intendono realizzare un impianto fotovoltaico e richiedere al GSE i relativi incentivi.
Riporta l’aggiornamento delle tariffe incentivanti ai valori del 2010 e tiene conto dell'evoluzione del quadro normativo in seguito alla pubblicazione della Legge Sviluppo 99/2009 e della delibera AEEG ARG/elt 186/2009.
La Legge 99/2009 - ricorda il GSE – introduce numerose misure a favore dello sviluppo del fotovoltaico in Italia, tra cui:
- i Comuni fino a 20mila abitanti possono richiedere, per gli impianti di cui sono proprietari di potenza fino a 200 kW, il servizio di scambio sul posto senza tener conto dell’obbligo di coincidenza fra il punto di immissione e il punto di prelievo;
- il Ministero della Difesa può usufruire di un analogo servizio di scambio sul posto anche per impianti di potenza maggiore di 200 kW.
La modifica più rilevante della delibera dell’Autorità 186/2009 è invece quella che prevede la possibilità, per gli utenti dello scambio sul posto, di richiedere al GSE il rimborso monetario dell’eventuale credito maturato a fine d’anno.
Scarica Linee Guida 08/03/ 2010 - Gestore per i Servizi Energetici (GSE) - Il Conto Energia Quarta edizione.
Fonte: www.edilportale.it
Pubblicato il 10 marzo 2010
Decalogo per costruire sostenibile
Dieci regole per un’attività edilizia di qualità, rispettosa del territorio e vicina ai cittadini. Il Decalogo per costruire sostenibile, scritto congiuntamente da ANCE Lombardia e Legambiente, è stato presentato in occasione del dibattito “Edilizia & sostenibilità. L'industria delle costruzioni verso la green economy”, organizzato nell’ambito della mostra “GreenLife - Costruire Città Sostenibili” alla Triennale di Milano.
Queste le dieci regole:
1. Ricostruire le nostre città riutilizzando e sostituendo il vecchio
2. Sfruttare i nuovi vuoti urbani
3. Addensare in corrispondenza dei nodi
4. Sperimentare nuove soluzioni tecnologiche
5. Progettare in maniera integrata
6. Ricercare economie di scala
7. Innovare i processi aziendali
8. Usare materiali a basso impatto
9. Contribuire all’evoluzione del mercato
10. Educare alla qualità
ANCE Lombardia e Legambiente hanno pensato a questo decalogo perché solo una nuova e condivisa cultura della sostenibilità ambientale in edilizia può determinare una significativa riduzione dei consumi energetici legati al settore civile. In Italia oltre un terzo dei consumi energetici è legato all'abitare, soprattutto a causa della climatizzazione invernale ed estiva. In Lombardia questa percentuale sale al 42% (residenziale e terziario) dei consumi energetici regionali. Un’abitazione italiana standard consuma, ogni anno, solo per il riscaldamento circa 20 litri di petrolio a metro quadro: un valore che supera notevolmente i corrispondenti livelli di approvvigionamento di nazioni con climi ben più rigidi, come la Germania e la Svezia, e grava in modo significativo sui bilanci delle famiglie.
Cultura della sostenibilità nell’edilizia significa, invece, riduzione degli sprechi di energia, innovazione delle tecnologie costruttive, preferenza verso i materiali riciclabili, utilizzo di fonti di energia rinnovabili ed energia pulita ed infine, collocazione di ampie zone verdi all'interno degli spazi edificati. Questa, una nuova politica dell'abitare, è anche responsabilità sociale e social housing, che deve coinvolgere interi quartieri, realtà urbane che andrebbero progettate e ricostruite con criteri di sostenibilità, riorganizzando tutti i servizi dell'abitare e della città: il trasporto delle persone e delle merci, il servizio energia, l'uso e il riciclo dei materiali, l'acqua, gli spazi di aggregazione e socialità, la natura in città e l'agricoltura di prossimità. Solo il rafforzamento della cultura della sostenibilità, tanto negli interventi di manutenzione e recupero dello stock edilizio esistente, quanto negli interventi di nuova costruzione, può determinare una significativa riduzione dei consumi energetici legati al settore civile.
Oggi è ancora la città la principale infrastruttura per la vita e l'economia sostenibile del futuro ed è importante che la politica si faccia carico di determinare condizioni che favoriscano l'edilizia del recupero e della ricostruzione, rispetto a quella che determina contrazione di superfici agricole a causa della espansione e dispersione degli insediamenti. Si tratta di mettere in atto un percorso verso la qualità, l'innovazione e il rispetto delle risorse territoriali, che si deve tradurre, nel contempo, in una significativa opportunità per l'avvio di una solida e competitiva "economia verde" all'interno della filiera delle costruzioni. L'ultimo rapporto sul mercato immobiliare di ANCE Lombardia sottolinea che i lombardi sono pronti a investire nell’abitare sostenibile: oltre il 90% delle famiglie lombarde intervistate ha indicato nella qualità una condizione indispensabile per l'acquisto, mentre un quarto degli imprenditori vede nell'efficienza energetica e nella qualità della costruzione i due principali fattori destinati ad orientare il mercato immobiliare abitativo nel prossimo futuro.
“La sostenibilità nell'edilizia non è più un lusso, ma una nuova politica dell'abitare» spiega Angelo Maiocchi, Vice Presidente di ANCE Lombardia. «È un percorso verso la qualità, l'innovazione e il rispetto delle risorse territoriali: siamo impegnati perché questo processo si traduca quindi in una significativa opportunità per l'avvio di una solida e competitiva "economia verde" nell'ambito della filiera delle costruzioni, che rappresenta una colonna portante nel sistema produttivo regionale”.
“Gli stili di vita e dell'abitare stanno cambiando” ha dichiarato Andrea Poggio, Vice Direttore nazionale di Legambiente. “La convinzione che la villetta con box e giardino sia sinonimo di vita ecologica è falso: consuma troppo suolo e ci rende schiavi dell'automobile. È invece nella città densa dei condomini, nei quartieri e nei paesi dotati di trasporto pubblico e servizi di prossimità che è possibile oggi il buon vivere sostenibile. È la ricostruzione delle nostre città la principale opera, la più importante infrastruttura della Lombardia. Questo in sintesi il decalogo di Legambiente ed ANCE Lombardia. Il piano Lombardia Sostenibile è troppo timido, volando così basso rischiamo di non cogliere le opportunità della ‘green economy’”.
Fonte: Legambiente Lombardia; www.edilportale.it
Pubblicato il 9 marzo 2010
venerdì 5 marzo 2010
DONNE IN CANTIERI
Fabbrica del Vapore - Laboratorio DAGAD
Via Procaccini, 4 - 20154 Milano
Tel 02 3658728
http://www.laboratoriodagad.it/
Scarica il COMUNICATO STAMPA
giovedì 18 febbraio 2010
Bonus 36% anche per i lavori in condominio
Secondo il comma 1 dell’articolo 1117 del Codice Civile esistono tre tipologie di parti comuni:
- Quelle che costituiscono la struttura, come suolo su cui sorge l’edificio, fondazioni, muri maestri, lastrici solari, scale, portoni e cortili, considerati necessari all’uso comune;
- I locali accessori destinati al servizio generale, come portineria, lavanderia, stenditoi e riscaldamenti centralizzati;
- Gli impianti, i locali e le opere non indispensabili, ma destinati a servizio di godimento comune, come ascensori, pozzi, cisterne, acquedotti, fognature, canali di scarico, impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica e per il riscaldamento fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Secondo l’Agenzia delle Entrate la nuova interpretazione estensiva risponde in modo più adeguato alle finalità dell’agevolazione fiscale.
pubblicato il 17 febbraio 2010
Fonte: http://www.edilportale.it/
venerdì 12 febbraio 2010
Supercondominio e servitù di passaggio: ripartizione spese
lunedì 1 febbraio 2010
Detrazione 55%: riproposta la proroga al 31 dicembre 2012
Un emendamento al Milleproroghe propone di mantenere per altri due anni il bonus per la riqualificazione energetica
Prorogare fino al 31 dicembre 2012 la detrazione fiscale del 55% delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici. Lo propone un emendamento presentatodai senatori dell'IdV, Bugnano, Pardi, De Toni e Belisario al DDL di conversione del DL 194/2009 Milleproroghe.
L'emendamento interviene sull'articolo 1, comma 20, della Finanziaria 2008, prorogando al 31 dicembre 2012 la scadenza, ora fissata al 31 dicembre 2010, per usufruire del bonus fiscale del 55%.
La proposta emendativa prevede anche di estendere la detrazione alle spese "per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti di riscaldamento mediante combustione della legna" in aggiunta a quelle - già previste – per la sostituzione intera o parziale di impianti di climatizzazione invernale non a condensazione, sostenute entro il 31 dicembre 2009.
Ricordiamo che, nel settembre 2009, gli operatori del settore edile hanno chiesto, senza successo, di prorogare oltre il 2010 la detrazione del 55%, inserendo la misura nella Finanziaria 2010.
L'Esecutivo, all'inizio di ottobre, si è detto disponibile a prolungare la detrazione del 55% per altri due anni ma poi gli emendamenti alla Finanziaria 2010 che proponevano la proroga sono stati bocciati.
Successivamente, il Sottosegretario Casero ha ribadito la volontà del Governo di mantenere la detrazione affermando che "il 55% può essere portato avanti con interventi legislativi l'anno prossimo".
La conversione in legge del Milleproroghe potrebbe quindi essere l'occasione buona.
Pubblicato il 01/02/2010
Fonte: www.edilportale.it
lunedì 25 gennaio 2010
Rischio elettrico: un metodo per valutarlo ai sensi del Dlgs 81/2008
Identificare le aree omogenee, verificare la conformità degli impianti, valutare il rischio per gli 'utilizzatori e per gli 'addetti ai lavori'
Tra le molte novità, il Dlgs 9 aprile 2008 n. 81 ha fornito precise indicazioni sulla valutazione del rischio elettrico, successivamente integrate e modificate, anche sostanzialmente, dal Dlgs 106/2009.
Il Capo III "Impianti e apparecchiature elettriche" del Titolo III "Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale" riprende e sviluppa in modo specifico gli obblighi del datore di lavoro connessi alla presenza del rischio elettrico: rilevante appare l'esplicito obbligo a carico del datore di lavoro introdotto al comma 2 dell'art.80 ("Obblighi del datore di lavoro"), di valutare i rischi di natura elettrica tenendo in considerazione tre aspetti fondamentali:
- le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro considerando eventuali interferenze;
- i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
- tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
Dal punto di vista sanzionatorio, il primo comma dell'art. 80 non è punito. È però prevista la pena dell'arresto da tre a sei mesi, o l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro, per la mancata valutazione del rischio elettrico; tale valutazione è evidentemente necessaria per individuare le misure di sicurezza richiamate al comma 3 dell'art. 80, anch'esso punito con la pena dell'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.800 euro.
Vediamo ora come dovrà operare un valutatore del rischio elettrico, figura alla quale si dovranno rivolgere la maggior parte dei datori di lavoro che difficilmente possiederanno le competenze necessarie a valutare questa tipologia di rischio.
Identificazione delle aree omogenee per il rischio elettrico
Dal punto di vista metodologico il valutatore dovrà innanzitutto suddividere la realtà aziendale classificando aree omogenee per il rischio elettrico, quali ad esempio:
a) Luoghi ordinari;
b) Luoghi a maggior rischio in caso d'incendio;
c) Luoghi conduttori ristretti: ossia luoghi che si presentano delimitati da superfici metalliche o comunque conduttrici in buon collegamento elettrico con il terreno e che al loro interno è elevata la probabilità che una persona possa venire in contatto con tali superfici attraverso un'ampia parte del corpo diversa da mani e piedi (es. i serbatoi metallici, scavi, ecc... );
d) Luoghi con pericolo di esplosione: ossia luoghi in cui possono formarsi atmosfere esplosive, cioè una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri combustibili in cui, dopo l'accensione, la combustione si propaga nell'insieme della miscela incombusta;
e) Cabine di trasformazione MT/BT;
f) Locali ad uso medico;
g) Ambienti in cui si svolgono attività di zootecnia;
h) Cantieri.
Tale suddivisione per aree omogenee di rischio elettrico prende spunto dai campi di applicazione delle varie norme CEI per la progettazione, installazione e manutenzione degli impianti (quali ad esempio CEI 64-8, CEI EN 60079-10,14,17, CEI EN 61241-10,14, CEI 11-1, CEI 0-15). Le aree omogenee per rischio elettrico così classificate sono caratterizzate non solo dalle proprie caratteristiche costruttive e architettoniche, ma anche dalle attività lavorative svolte, o che verranno svolte al loro interno. Ai sensi dell'art. 29 del Dlgs 81/2008, ad ogni modifica organizzativa o del ciclo produttivo si renderà necessaria una ri-valutazione del rischio finalizzata a identificare la corretta classificazione del luogo dal punto di vista elettrico e l'effettiva conformità degli impianti in relazione all'ambiente di installazione.
La conformità degli impianti elettrici
La rispondenza degli impianti elettrici ai requisiti di legge, ossia la realizzazione degli impianti secondo la "regola dell'arte" è da considerarsi un pre-requisito per la valutazione del rischio elettrico. In altri termini, la verifica di conformità degli impianti è un'attività che deve essere svolta a monte della valutazione del rischio e che, se non dà luogo ad un riscontro positivo, determina già una condizione di rischio inaccettabile.
Il datore di lavoro che intende garantire la conformità degli impianti dovrà:
a) accertarsi che gli impianti elettrici presenti nei locali siano installati nel rispetto delle specifiche disposizioni legislative e regolamentari applicabili, in particolare, che gli impianti elettrici siano progettati ed installati a regola d'arte, verificando, se non già fatto, la documentazione di progetto e le dichiarazioni di conformità rilasciate dagli installatori o facendo periziare l'impianto richiedendo il rilascio della dichiarazione di rispondenza (DIRI) ai sensi del D.M. 37/08;
b) accertarsi che i fabbricati risultino protetti dalle scariche atmosferiche (art. 84 del D.Lgs. 81/08), come da verifica tecnica effettuata, ovvero dotati di idonei sistemi di protezione contro le scariche atmosferiche in conformità alle norme tecniche, in particolare norma CEI EN 62305-2;
c) assoggettare gli impianti a regolare manutenzione e verifica in base ad un programma di controlli predisposto tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche (ad es. guida CEI 0-10), comprovando con idonee registrazioni l'effettuazione di tale attività di manutenzione;
d) assoggettare gli impianti alle previste verifiche periodiche di cui al D.P.R. 462/01 (attività documentata per mezzo dei verbali rilasciati dal soggetto verificatore).
Sulla base delle precedenti considerazioni, la valutazione del rischio elettrico dovrà concentrarsi sui rischi residui, ovvero sui rischi non già prevenuti o protetti da una progettazione e realizzazione a regola d'arte, ed in particolare dai rischi connessi:
- ad una non idonea manutenzione e verifica degli apparecchi ed impianti elettrici;
- ad una carente informazione dei lavoratori sui rischi di natura elettrica;
- ad una insufficiente formazione sul corretto utilizzo degli apparecchi ed impianti elettrici.
La valutazione del rischio elettrico per gli "utilizzatori"
I lavoratori che "impiegano" semplicemente l'impianto e le apparecchiature elettriche sono soggetti a rischi sostanzialmente diversi rispetto a quei lavoratori che effettuano ad esempio operazioni di manutenzione degli impianti, ossia "lavori elettrici" (come definito dalla norma CEI 11-27): se nel primo caso la sostanziale "intrinseca" sicurezza di impianti ed apparecchi a norma garantisce un lavoratore, correttamente informato sui concetti basilari del rischio elettrico, nel secondo caso solo una puntuale definizione dell'ambito di intervento del lavoratore (ossia la definizione di una precisa procedura d'intervento), associata ad una specifica formazione e addestramento in merito al rischio elettrico, nonché alla fornitura ed utilizzo di D.P.I. idonei, consente di garantire il raggiungimento di livelli di sicurezza "accettabili".
Esemplifichiamo di seguito una valutazione del rischio elettrico per un lavoratore che non effettua lavori elettrici (che possiamo definire "utente generico") e che opera in luoghi definibili "ordinari" dal punto di vista elettrico. Applicando quanto previsto dalla normativa tecnica in merito al processo di valutazione del rischio (norma UNI 11230 "Gestione del rischio - Vocabolario"), si terranno distinte la misurazione del rischio dalla ponderazione del rischio. Utilizzando i criteri indicati nella norma BS 18004:2008, verrà effettuata la stima del rischio sulla base di una correlazione tra probabilità di accadimento e danno atteso, mentre la fase di ponderazione del rischio sarà finalizzata a determinare se il rischio è da considerarsi "Accettabile", oppure no. Tali passaggi possono essere formalizzati attraverso delle schede analoghe a quelle allegate, relative al rischio da contatti diretti e contatti indiretti per un utente generico.
La valutazione del rischio elettrico per gli "addetti ai lavori elettrici"
Il datore di lavoro, per effettuare la valutazione dei rischi a cui sono soggetti gli addetti ai lavori elettrici e per la scelta delle misure di sicurezza, dovrà considerare come riferimento le indicazioni rintracciabili nella norma CEI 11-27.
Per quanto riguarda i lavori elettrici sotto tensione è necessario evidenziare che l'art. 82 stabilisce innanzitutto che tali lavori sono innanzitutto vietati, tuttavia, quando inevitabilmente necessari per ragioni tecnico-organizzative, consentiti su impianti con tensione di sicurezza, o su impianti di categoria 0 e I, purché il lavoratore sia formato e addestrato ad operare rispettando i requisiti indicati nella norma CEI 11-27 e il datore di lavoro abbia attribuito formalmente l'idoneità allo svolgimento delle specifiche attività effettivamente svolte dal lavoratore (intendendo con ciò che l'idoneità non può essere generica, ossia per qualunque lavoro elettrico), e nel rispetto di procedure di lavoro previste dalle vigenti norme tecniche. L'esecuzione di lavori elettrici sotto tensione in modo non conforme alle disposizioni previste nella norma tecnica (CEI 11-27) è punita con la pena dell'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
La norma CEI 11-27 prevede che il datore di lavoro attribuisca per iscritto la qualifica ad operare sugli impianti elettrici: tale qualifica può essere di "persona esperta" (PES), "persona avvertita" (PAV) e di persona "idonea ai lavori elettrici sotto tensione" (nel gergo PEI). La norma CEI 11-27 fornisce quindi sia prescrizioni che linee guida al fine di individuare i requisiti minimi di formazione, in termini di conoscenze tecniche, nonché di capacità organizzativa e d'esecuzione pratica di attività nei lavori elettrici.
Pertanto, per i lavoratori addetti ai lavori elettrici, la valutazione del rischio elettrico potrà determinare un giudizio "accettabile" se si verifica che: a) i lavoratori sono formati e addestrati all'effettuazione di lavori elettrici secondo la norma CEI 11-27; b) i lavoratori sono formalmente qualificati ai sensi della norma CEI 11-27 dal datore di lavoro per le specifiche attività effettivamente svolte dagli stessi; c) i lavoratori dispongono e adottano precise procedure di lavoro, conformi con quelle previste dalla norma CEI 11-27; d) i lavoratori sono dotati ed addestrati ad utilizzare attrezzature di lavoro e dispositivi di protezione individuali idonei e regolarmente verificati, in particolare conformi alle indicazioni della norma CEI 11-27, oltre che a quanto stabilito dal datore di lavoro a seguito della valutazione del rischio.
Dal punto di vista organizzativo i punti precedenti non sono ancora sufficienti per la corretta esecuzione in sicurezza dei lavori elettrici: infatti, il punto 6 della norma CEI 11-27 ed il punto 4.3 della norma CEI EN 50110-1 prescrivono di identificare le due figure seguenti: a) la persona preposta alla conduzione dell'impianto elettrico (Responsabile dell'Impianto - RI), definito nelle norme CEI 11-27 e CEI EN 50110-1 come: "Persona designata alla più alta responsabilità della conduzione dell'impianto elettrico. All'occorrenza, parte di tali compiti può essere delegata ad altri"; b) la persona preposta alla conduzione dell'attività lavorativa (Preposto ai lavori - PL), definito nella norma CEI 11-27 come: "Persona designata alla più alta responsabilità della conduzione del lavoro. All'occorrenza, parte di tali compiti può essere delegata ad altri"; alle quali saranno assegnati precisi ruoli e responsabilità in merito all'esecuzione dei lavori, chiaramente individuate dal datore di lavoro.
Alla luce di tutte queste considerazioni, in modo analogo a quanto già illustrato precedentemente per la valutazione del rischio elettrico per gli utilizzatori, nelle schede allegate si riporta un esempio di valutazione per un addetto ai lavori elettrici fuori tensione e in tensione.
Autori: Ingg. Cesare Campello, Federico Maritan e Mauro Rossato, Area Sicurezza di Vega Engineering S.r.l - www.vegaengineering.com
Pubblicato il 25 gennaio 2010
Fonte: www.edilportale.it