martedì 22 dicembre 2009
Tettoie integrate nell’edificio, sufficiente la Dia
Procedure più snelle per le tettoie sugli edifici esistenti. Il Tar Campania, con la sentenza 8320/2009 del 2 dicembre scorso, ha stabilito che è sufficiente la Dia, Denuncia di inizio attività, per le coperture realizzate sugli edifici esistenti al fine di decoro, arredamento e protezione dagli agenti atmosferici.
Solitamente è la dimensione l'elemento di discrimine per la valutazione della funzione con cui una tettoia viene installata su un fabbricato. La Dia sarà quindi sufficiente per le coperture di piccola taglia.
Al contrario, sarà necessaria la richiesta del permesso di costruire per le tettoie di grandi dimensioni, caratterizzate da strutture tali da provocare una visibile alterazione dell'edificio o delle parti su cui vengono inserite.
In generale, il titolo abilitativo necessario per l'installazione di una copertura cambia in base all'accessorietà che, se accertata, rende sufficiente la Dia. Quando le tettoie non possono invece essere assimilate all'edificio principale si rende necessario il permesso di costruire.
Analogamente, per una tettoia ancorata al suolo, che altera lo stato dei luoghi e trasforma il territorio in modo permanente, bisogna richiedere il permesso di costruire. È invece irrilevante la destinazione pertinenziale della tettoia.
Nel caso preso in esame, la realizzazione di una copertura attraverso la presentazione della Dia invece che con la richiesta del permesso di costruire, ha determinato l'abusività della struttura. Il Tribunale Amministrativo ha ribadito l'obbligo di ripristino, motivo per il quale l'ordine di demolizione della tettoia non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
Pubblicato il 22 dicembre 2009
Fonte: www.edilportale.it
venerdì 11 dicembre 2009
MANUTENZIONI STRAORDINARIE SEMPLIFICATE
Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori è intervenuto sul disegno di legge per la semplificazione amministrativa - che consentirebbe di eseguire manutenzioni straordinarie senza DIA - proponendo di subordinare i lavori alla direzione di un professionista abilitato.
Il ddl per la semplificazione – ricordiamo – aggiunge all’elenco contenuto nell’articolo 6 “Attività edilizia libera” del Dpr 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) i seguenti interventi: manutenzione straordinaria che non riguardi parti strutturali degli edifici; pavimentazione di spazi esterni; installazione di pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoi esterni, fuori dai centri storici; arredi nelle pertinenze degli edifici; opere temporanee; serre mobili stagionali; movimenti di terra per le attività agricole. Per realizzare questi lavori non sarà più necessario il titolo abilitativo; dovranno comunque essere rispettate le più restrittive disposizioni regionali, gli strumenti urbanistici comunali e le altre normative di settore (antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, per l’efficienza energetica e per la tutela dei beni culturali e del paesaggio). Prima dell’inizio degli interventi sarà necessario informare il Comune, allegando le eventuali autorizzazioni obbligatorie e, solo per gli interventi di manutenzione straordinaria, l’indicazione dell’impresa che eseguirà i lavori.
La proposta del CNAPPC
Il Consiglio Nazionale degli Architetti propone di aggiungere alla norma il seguente emendamento: “I lavori di manutenzione straordinaria sono diretti da un professionista abilitato iscritto all’albo che redige elaborati e/o relazione tecnica asseverata, da allegarsi alla comunicazione di inizio lavori. Al termine degli stessi il tecnico certifica, con dichiarazione asseverata, che i lavori non hanno interessato il sistema strutturale dell’immobile, sono compatibili con il contesto ambientale e paesaggistico e sono igienicamente conformi alle normative vigenti.”
E sul disegno di legge interviene anche l’Ordine degli architetti della Provincia di Milano, secondo cui il provvedimento “elimina l’effetto senza intervenire sulle cause che l’hanno generato. Ci sono troppe pratiche che giacciono negli Uffici Tecnici Comunali? Eliminiamole, ma lasciamo l’obbligo di rispettare i regolamenti, che non vengono semplificati e che sono una delle cause che determinano la situazione di paralisi nella quale si trova oggi l’edilizia in Italia”. Eliminare il titolo abilitativo – secondo l’Ordine di Milano – è una soluzione che, se apparentemente risolve un problema, rischia di crearne altri ben più gravi, primo fra tutti quello che riguarda la tutela degli interessi generali legati al governo del territorio e alla sicurezza degli edifici.
L’Ordine ricorda il dissenso espresso dai progettisti preoccupati per il colpo inferto dal ddl alla loro professionalità e al loro futuro lavorativo ma chiarisce che la contrarietà al testo non è una rivendicazione corporativa ma una seria preoccupazione per le ricadute del ddl sui singoli edifici e su tutto il territorio nazionale. La prima osservazione riguarda la sicurezza degli edifici: “Senza DIA e senza direttore dei lavori – chiede l’Ordine – chi controllerà che gli interventi non rischino di creare danni irreparabili alle strutture? Chi potrà verificare il rispetto delle normative antisismiche e di efficienza energetica? Siamo sicuri che basti eliminare il progettista e lasciare al committente e all’impresa la direzione dei lavori e la responsabilità dei risultati perché si realizzi il miracolo della semplificazione? Noi – conclude - siamo sicuri che si possano raggiungere dei buoni risultati rivedendo la procedura DIA e tutte le spesso inutili e complicate pratiche ad essa collegate, ma non basta togliere l’ultimo anello della catena."
pubblicato il 11 dicembre 2009
Fonte: www.edilportale.it
Il ddl per la semplificazione – ricordiamo – aggiunge all’elenco contenuto nell’articolo 6 “Attività edilizia libera” del Dpr 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) i seguenti interventi: manutenzione straordinaria che non riguardi parti strutturali degli edifici; pavimentazione di spazi esterni; installazione di pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoi esterni, fuori dai centri storici; arredi nelle pertinenze degli edifici; opere temporanee; serre mobili stagionali; movimenti di terra per le attività agricole. Per realizzare questi lavori non sarà più necessario il titolo abilitativo; dovranno comunque essere rispettate le più restrittive disposizioni regionali, gli strumenti urbanistici comunali e le altre normative di settore (antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, per l’efficienza energetica e per la tutela dei beni culturali e del paesaggio). Prima dell’inizio degli interventi sarà necessario informare il Comune, allegando le eventuali autorizzazioni obbligatorie e, solo per gli interventi di manutenzione straordinaria, l’indicazione dell’impresa che eseguirà i lavori.
La proposta del CNAPPC
Il Consiglio Nazionale degli Architetti propone di aggiungere alla norma il seguente emendamento: “I lavori di manutenzione straordinaria sono diretti da un professionista abilitato iscritto all’albo che redige elaborati e/o relazione tecnica asseverata, da allegarsi alla comunicazione di inizio lavori. Al termine degli stessi il tecnico certifica, con dichiarazione asseverata, che i lavori non hanno interessato il sistema strutturale dell’immobile, sono compatibili con il contesto ambientale e paesaggistico e sono igienicamente conformi alle normative vigenti.”
E sul disegno di legge interviene anche l’Ordine degli architetti della Provincia di Milano, secondo cui il provvedimento “elimina l’effetto senza intervenire sulle cause che l’hanno generato. Ci sono troppe pratiche che giacciono negli Uffici Tecnici Comunali? Eliminiamole, ma lasciamo l’obbligo di rispettare i regolamenti, che non vengono semplificati e che sono una delle cause che determinano la situazione di paralisi nella quale si trova oggi l’edilizia in Italia”. Eliminare il titolo abilitativo – secondo l’Ordine di Milano – è una soluzione che, se apparentemente risolve un problema, rischia di crearne altri ben più gravi, primo fra tutti quello che riguarda la tutela degli interessi generali legati al governo del territorio e alla sicurezza degli edifici.
L’Ordine ricorda il dissenso espresso dai progettisti preoccupati per il colpo inferto dal ddl alla loro professionalità e al loro futuro lavorativo ma chiarisce che la contrarietà al testo non è una rivendicazione corporativa ma una seria preoccupazione per le ricadute del ddl sui singoli edifici e su tutto il territorio nazionale. La prima osservazione riguarda la sicurezza degli edifici: “Senza DIA e senza direttore dei lavori – chiede l’Ordine – chi controllerà che gli interventi non rischino di creare danni irreparabili alle strutture? Chi potrà verificare il rispetto delle normative antisismiche e di efficienza energetica? Siamo sicuri che basti eliminare il progettista e lasciare al committente e all’impresa la direzione dei lavori e la responsabilità dei risultati perché si realizzi il miracolo della semplificazione? Noi – conclude - siamo sicuri che si possano raggiungere dei buoni risultati rivedendo la procedura DIA e tutte le spesso inutili e complicate pratiche ad essa collegate, ma non basta togliere l’ultimo anello della catena."
pubblicato il 11 dicembre 2009
Fonte: www.edilportale.it
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