Assemblee, regolamenti, amministratori, si cambia. In 32 articoli vengono riscritte in larga parte le norme sul condominio contenute nel codice civile e nelle disposizioni attuative. La riforma, che dovrà ora ricevere l’ok definitivo da parte della Camera, punta a ridurre l’elevato grado di litigiosità nei condomini, e il conseguente contenzioso civile, rendendo più snella e trasparente la gestione.
Tra le novità più importanti spicca il rafforzamento del ruolo dell’amministratore, controbilanciato da un maggiore esercizio dei poteri di controllo da parte dei condomini. C’é poi l’obbligo per gli amministratori di iscriversi a un elenco presso le Camere di commercio e la possibilità di vendere a maggioranza i beni condominiali. Ma anche: maggiore attenzione verso alla sicurezza e alla possibilità di rendere più incisive le procedure per il recupero dei crediti.
Ecco comunque in 20 voci l’abc delle nuove regole sul condominio.
Ambito d’applicazione norme sul condominio (articolo 2, comma 1). Si introduce l’articolo 1117-bis Cod. civ., con il quale viene definito l’ambito di applicabilità delle norme sul condominio, nel senso tra l’altro di chiarire come questo non si applichi esclusivamente in senso, per così dire, «verticale», ma trovi applicazione ogni volta che un complesso abitativo - magari composto di villette unifamiliari - sia realizzato in modo che l’utilizzazione delle unità abitative richieda la fruizione di parti comuni, specificando anche che la natura funzionalmente condominiale di tali insediamenti implica anche la non applicazione immediata a questo tipo di insediamenti delle norme sulla distanze tra gli edifici.
Amministratore (articoli 9, 10, 20, 26 e 27). In primo luogo viene sostituito l’articolo 1129 Cod. civ. in materia di nomina, revoca e obblighi dell’amministratore. Tra le innovazioni più importanti in questa materia, vi sono una serie di dati e strumenti di conoscenza e di pubblicità che l’amministratore deve mettere a disposizione dei condomini, per consentire loro la valutazione delle sue qualifiche e del suo operato: l’obbligo per l’amministratore che ne sia richiesto, all’atto dell’accettazione della nomina, di presentare una polizza di assicurazione a garanzia degli atti compiuti nell’espletamento del mandato; l’obbligo di agire, salvo espressa dispensa da parte dell’assemblea, per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro quattro mesi dalla data in cui il credito diventa esigibile, rispondendo dei danni a lui imputabili per il ritardo.
La durata in carica dell’amministratore viene portata da uno a due anni. Vengono altresì tipizzati i comportamenti per i quali può essere disposta la sua revoca. All’articolo 10 è riscritto invece l’articolo 1129 Cod. civ. in materia di attribuzioni dell’amministratore, che vengono fissate in materia più articolata e puntuale, nel senso in particolare di una maggior tutela della trasparenza del suo operato. L’articolo 20 prevede che sulla revoca dell’amministratore il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente. L’articolo 26 prevede invece che il registro pubblico degli amministratori sia tenuto presso le Camere di commercio. L’iscrizione nel registro è obbligatoria per chi intenda svolgere le funzioni di amministratore, deve precedere l’esercizio della relativa attività e deve essere comunicata al condominio amministrato. Il regolamento di attuazione di tale registro è determinato di concerto tra Sviluppo economico ed Economia, sentite le associazione degli amministratori di condominio.
Costituzione dell’assemblea e validità delibere (articoli 14, da 16 a 18, da 21 a 25). Viene sostituito l’attuale articolo 1136 Cod. civ., dettando nuove regole sulla costituzione dell’assemblea e sulla validità delle deliberazioni. In particolare, si prevede che l’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione.
Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale. Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente. All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione all’assemblea. Il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi.
Sono valide poi le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio. L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati. Delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’amministratore.
L’articolo 16 coordina il terzo comma dell’articolo 1138 Cod. civ. in materia di approvazione del regolamento di condominio con le nuove disposizioni in materia di deliberazioni assembleari, mentre l’articolo 17 modifica l’articolo 2643 Cod. civ., inserendo nell’elenco degli atti soggetti a trascrizione quelli - ivi comprese le deliberazioni ai sensi dell’articolo 1117-ter Cod. civ. - che hanno a oggetto modificazioni della proprietà o determinazioni o modificazioni delle destinazioni d’uso dei beni che si trovano nell’edificio. Da tale disposizione conseguono le modifiche agli articoli 2644 e 2659 del codice civile, recate, rispettivamente, dallo stesso articolo 17, comma 2, e dall’articolo 18. L’articolo 25 prevede poi che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 100 euro e, in caso di recidiva, fino a mille euro. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.
Destinazioni d’uso (articolo 2, comma 3). Arriva il nuovo articolo 1117-quater Cod. civ., che prevede che in caso di attività contrarie alle destinazioni d’uso delle parti comuni o delle unità immobiliari di proprietà individuale, ogni condomino - e ogni conduttore - può chiedere all’amministratore di intervenire mediante diffida e, in caso di mancata cessazione delle violazioni nonostante la diffida, chiedere all’amministratore di convocare l’assemblea, inserendo all’ordine del giorno la richiesta di tutela della destinazione d’uso. L’amministratore è tenuto a convocare senza indugio l’assemblea. Decorso il termine di trenta giorni dalla richiesta senza che sia stata convocata l’assemblea, è ammesso il ricorso all’autorità giudiziaria che provvede in via di urgenza. Nel caso in cui accerti la violazione della destinazione d’uso delle parti comuni o delle unità immobiliari di proprietà individuale, l’autorità giudiziaria ordina la cessazione dell’attività e la rimessione delle cose in pristino e, salvo il risarcimento del danno, può condannare il responsabile al pagamento di una ulteriore somma di denaro in favore del condominio da determinare tenendo conto della gravità della violazione e dei benefìci ricavati.
Diritti dei partecipanti sulle parti comuni (articolo 3). Sostituisce l’attuale articolo 1118 Cod. civ., nel senso di valorizzare nel calcolo del diritto di ciascun condomino la destinazione d’uso strutturale e funzionale della quota posseduta, e precisando il contenuto dell’obbligo di partecipazione alle spese condominiali, con particolare riferimento all’ipotesi, come è noto oggetto di notevoli contenziosi, del condomino che intenda distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento. In particolare, si prevede che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, sia proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene, tenendo conto delle destinazioni d’uso strutturali e funzionali.
Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni, né essere liberato dal vincolo di solidarietà nei confronti dei terzi. In più: il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali. E ancora:il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Gestione di iniziativa individuale (articolo 13). Sostituisce l’articolo 1134 Cod. civ., prevedendo che il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non abbia diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente. Se una deliberazione adottata dall’assemblea non viene eseguita, ciascun condomino può diffidare l’amministratore o, in mancanza, il condomino eventualmente incaricato. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla diffida, egli può intraprendere l’esecuzione della deliberazione ineseguita.
Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisia (articolo 7, comma 2). Introduce il nuovo articolo 1122-ter Cod. civ., che prende le mosse da situazioni che determinano un diffuso contenzioso. In particolare si prevede che le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche. Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.
L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma Cod. civ., adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere. In caso di impedimento all’accesso o di richiesta di garanzia eccessivamente onerosa, l’autorità giudiziaria provvede anche in via di urgenza. L’interessato e i suoi aventi causa sopportano le spese di ripristino delle cose altrui o comuni nel caso di sopravvenuta impossibilità di uso dell’impianto ed anche nel caso di rimozione.
Impugnazione delibere condominiali (articolo 15). Sostituisce l’articolo 1137 Cod. civ. Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria con atto di citazione chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria. L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione.
Innovazioni (articolo 5). Viene sostituito il primo comma dell’attuale articolo 1120 Cod. civ., per prevedere che una disciplina privilegiata per l’approvazione delle innovazioni dirette a valorizzare l’immobile sotto il profilo della sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, del contenimento del consumo energetico, della realizzazione di parcheggi e dell’installazione degli impianti per l’accesso a flussi informativi. In questi casi, è sufficiente l’approvazione assembleare a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Interventi urgenti (articolo 7, comma 1). Introduce il nuovo articolo 1122-bis Cod. civ. che disciplina il divieto il divieto di realizzare o mantenere nelle parti comuni o nelle unità di proprietà individuale impianti od opere che non rispettino la normativa sulla sicurezza degli edifici, nonché i poteri dell’amministratore, di propria iniziativa o su richiesta anche di un singolo condomino o conduttore, che consentono di imporre il rispetto delle disposizioni di sicurezza e di realizzare gli interventi urgenti ai fini della salvaguardia dell’edificio e dei suoi abitanti. Si prevede in particolare che nelle parti comuni e nelle unità immobiliari di proprietà individuale non possano essere realizzati o mantenuti impianti od opere che non rispettino la normativa sulla sicurezza degli edifici.
Il mancato rispetto di detta normativa si considera situazione di pericolo immanente per l’integrità delle parti comuni e delle unità immobiliari di proprietà individuale, nonché per l’integrità fisica delle persone che stabilmente occupano il condominio o che abitualmente vi accedono. L’amministratore, su richiesta anche di un solo condomino o conduttore, nel caso in cui sussista il ragionevole sospetto che difettino le condizioni di sicurezza di cui al primo comma, accede alle parti comuni dell’edificio ovvero richiede l’accesso alle parti di proprietà o uso individuale al condomino o al conduttore delle stesse. La semplice esibizione della documentazione amministrativa relativa all’osservanza delle normative di sicurezza non è di ostacolo all’accesso.
L’amministratore esegue l’accesso alle parti comuni con un tecnico nominato d’accordo con il richiedente ed esegue l’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale con un tecnico nominato di comune accordo tra il richiedente e l’interpellato. Il tecnico nominato, al termine dell’accesso, consegna una sintetica relazione al richiedente ed all’amministratore, il quale la tiene a disposizione di chiunque vi abbia interesse. A seguito dell’accesso, qualora risulti la situazione di pericolo di cui al primo comma, l’amministratore convoca senza indugio l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, salvo il ricorso di chiunque vi abbia interesse al tribunale per gli opportuni provvedimenti anche cautelari.
Nel caso in cui l’interpellato non consenta l’accesso o non si raggiunga l’accordo sulla nomina del tecnico, previa, ove possibile, convocazione dell’assemblea, possono essere richiesti al tribunale gli opportuni provvedimenti anche in via di urgenza. Il tribunale, valutata ogni circostanza e previo accertamento delle condizioni dei luoghi, può, anche in via provvisoria, porre le spese a carico di chi abbia immotivatamente negato il proprio consenso all’accesso. Le spese delle operazioni di cui al presente articolo, qualora i sospetti si rivelino manifestamente infondati, sono a carico di chi ha richiesto l’intervento all’amministratore. In tal caso, se vi è stato accesso a proprietà individuali, il medesimo richiedente è tenuto, oltre che al risarcimento del danno, a versare al proprietario che ha subìto l’accesso un’indennità di ammontare pari al 50% della quota condominiale ordinaria dovuta dallo stesso proprietario in base all’ultimo rendiconto approvato dall’assemblea.
Invisibilità (articolo 4). Si sostituisce l’attuale articolo 1119 Cod. civ., prevedendo che le parti comuni dell’edificio non possano essere soggette a divisione, a meno che le stesse siano state sottratte all’uso comune per effetto di una deliberazione ai sensi dell’articolo 1117-ter Cod. civ. se la divisione può avvenire in parti corrispondenti ai diritti di ciascuno, rispettando la destinazione e senza pregiudicare il valore delle unità immobiliari.
Manutenzione scale (articolo 8). Intanto si prevede che scale e ascensori siano mantenuti e ricostruiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Inoltre: quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non sia comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico. Gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini, in proporzione al valore dell’unità immobiliare di ciascuno.
Modifiche d’uso e sostituzione parti comuni (articolo 2, comma 2). Si introduce un nuovo articolo al codice civile, il 1117-ter, per disciplinare le modificazione d’uso e della sostituzione delle parti comuni, che come è noto sono oggetto di una percentuale considerevole del contenzioso in materia condominiale. Sul punto, si stabilisce che le relative deliberazioni possono essere assunte con la maggioranza specificamente prevista dalla novella dell’articolo 1136 Cod. civ., recata dall’articolo 14 del testo unificato, e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei presenti e i due terzi del valore dell’edificio.
Norme di coordinamento (articoli da 28 a 32). Si prevedono talune modifiche alle leggi in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, di risparmio energetico, di trasmissioni televisive e digitali su frequenze terrestri e al codice di procedura civile conseguenti alla nuova disciplina del condominio.
Opere su parti di proprietà o uso individuale (articolo 6). Sostituisce l’articolo 1122 Cod. civ. Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti comuni di cui si sia riservata la proprietà o l’uso individuale, ciascun condomino non può eseguire opere o modifiche ovvero variare la destinazione d’uso indicata dal titolo, benché consentite dalle norme di edilizia, se ne derivi danno alle parti comuni o individuali o notevole diminuzione di godimento o valore di esse, ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea. In mancanza di dettagliate informazioni sul contenuto specifico e sulle modalità di esecuzione, l’amministratore può, previa diffida, rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Parti comuni: nozione (articolo 1). Sostituisce l’attuale articolo 1117 Cod. civ. Viene data una definizione più articolata della nozione di “parti comuni” dell’edificio, che tiene conto - in particolare - delle significative ed estese innovazioni tecnologiche intervenute rispetto all’epoca dell’approvazione del codice civile, che hanno radicalmente trasformato il quadro dei servizi e delle utilità che si ritengono essenziali alla funzionalità abitativa dell’appartamento. In particolare, sono considerate “parti comuni”: il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate.
E ancora: le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia e gli stenditoi, le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
Rappresentanza (articolo 12). Si conferisce all’amministratore, previa autorizzazione dell’assemblea, il potere di consentire la cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio. E in materia di provvedimenti presi dall’amministratore, si prevede una procedura che consente ai condomini di ricorrere in tribunale per ottenere provvedimenti per le parti comuni rispetto ai quali l’amministratore o l’assemblea siano stati negligenti.
Rendiconto condominiale (articolo 11). Viene inserito l’articolo 1130-bis Cod. civ. che disciplina il rendiconto condominiale. Tra le novità: che l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione.
Riscossione contributi (articolo 19). Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea e per la riscossione delle sanzioni irrogate a norma dell’articolo 70, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori del condominio non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi e l’eventuale ricorso a strumenti coattivi di riscossione ai sensi dell’articolo 1129, nono comma, del codice civile. I creditori del condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.
In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un quadrimestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, salvo che l’autorità giudiziaria, adita anche in via d’urgenza, riconosca l’essenzialità del servizio per la realizzazione di diritti fondamentali della persona e l’impossibilità oggettiva del ricorso a mezzi alternativi. Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
Scarica Il testo licenziato dal Senato e atteso all'esame della Camera
Pubblicato il 27 gennaio 2011
Fonte: www.ilsole24ore.com
venerdì 28 gennaio 2011
lunedì 10 gennaio 2011
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Lo Studio Patricia Viegas nell'augurarvi un Felice 2011, vi ricorda che siamo in grado di fornire, in base alle necessità ed esigenze del cliente i seguenti servizi:
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mercoledì 22 dicembre 2010
Pubblicata la Finanziaria 2011, prorogato di un anno il bonus 55%
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di ieri la Finanziaria 2011 (Legge di Stabilità per il 2011 che contiene, tra le altre cose, la proroga al 31 dicembre 2011 della detrazione del 55% delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici.
La novità introdotta riguarda il periodo di detrazione: le spese verranno recuperate in dieci anni e non più in cinque.
Anche l’ENEA, in un aggiornamento della FAQ 65 relativa alla detrazione del 55%, ha chiarito che le spese sostenute nel 2011 saranno detraibili in dieci anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2012. Invece quelle pagate entro il 2010 saranno detraibili in cinque anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2011.
Resta confermato che la documentazione degli interventi eseguiti (Allegato F oppure Allegato A+Allegato E a seconda dell’intervento), va trasmessa all’ENEA entro 90 giorni dal termine dei lavori.
Inoltre, il mancato completamento dei lavori nel 2010 va comunicato all’Agenzia delle Entrate con apposita comunicazione telematica entro il 31 marzo 2011, specificando quanto pagato nel 2010.
Scarica qui la Legge dello Stato 13/12/ 2010 n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2011) (Suppl. Ordinario n.281)
Pubblicata il 22 dicembre 2010
Fonte: http://www.edilportale.com/
La novità introdotta riguarda il periodo di detrazione: le spese verranno recuperate in dieci anni e non più in cinque.
Anche l’ENEA, in un aggiornamento della FAQ 65 relativa alla detrazione del 55%, ha chiarito che le spese sostenute nel 2011 saranno detraibili in dieci anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2012. Invece quelle pagate entro il 2010 saranno detraibili in cinque anni a partire dalla denuncia dei redditi dell’estate 2011.
Resta confermato che la documentazione degli interventi eseguiti (Allegato F oppure Allegato A+Allegato E a seconda dell’intervento), va trasmessa all’ENEA entro 90 giorni dal termine dei lavori.
Inoltre, il mancato completamento dei lavori nel 2010 va comunicato all’Agenzia delle Entrate con apposita comunicazione telematica entro il 31 marzo 2011, specificando quanto pagato nel 2010.
Scarica qui la Legge dello Stato 13/12/ 2010 n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2011) (Suppl. Ordinario n.281)
Pubblicata il 22 dicembre 2010
Fonte: http://www.edilportale.com/
giovedì 9 dicembre 2010
Il 55% riparte con dieci rate
Il 55% guadagna un anno in più e il fisco incassa circa 300 milioni di imposte sui lavori "indotti" dalla detrazione: Iva, Irpef, Ires e Irap che non sarebbero state versate senza la proroga del bonus. I dati sono contenuti nella relazione tecnica alla legge di stabilità e – c'è da scommetterci – offriranno un utile argomento alle imprese quando si tratterà di discutere il prossimo rinnovo dell'agevolazione. Intanto, però, i contribuenti possono programmare con una certezza in più i lavori per la prossima stagione, studiando come ottimizzare la propria fiscalità personale.
Formula decennale
La proroga al 31 dicembre 2011 lascia inalterate le regole base della detrazione, a partire dalla documentazione che deve essere inviata all'Enea, ma cambia la sua distribuzione nel tempo: il bonus sulle spese sostenute dal prossimo 1° gennaio si dividerà in dieci rate annuali, anziché cinque. Quindi l'ammortamento del 55% è destinato ad allinearsi a quello del 36% sulle ristrutturazioni edilizie, anche se gli investimenti per il risparmio energetico non dovrebbero prevedere alcun iter accelerato per i contribuenti più anziani (gli over 75enni possono dividere il 36% in cinque anni e gli over 80enni in tre).
La formula decennale è meno vantaggiosa di quella quinquennale, ma con un'inflazione contenuta come quella attuale dovrebbe comportare una perdita accettabile per i contribuenti: pochi punti percentuali dell'importo complessivo, in termini di potere d'acquisto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 novembre). Anzi, in caso di redditi particolarmente bassi – o crediti d'imposta rilevanti – potrebbe addirittura rivelarsi conveniente rinviare i pagamenti. A fare la differenza, infatti, sarà il momento in cui le spese risultano sostenute.
Per le persone fisiche e i lavoratori autonomi (tranne il caso del leasing), vale il principio di cassa, e si fa riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale. Non rileva, quindi, né la data della fattura, né quella del contratto eventualmente stipulato con l'impresa. Per le imprese, invece, vale il criterio di competenza e si deve guardare il momento in cui avviene la consegna o la spedizione (per l'acquisto di beni) o il momento di ultimazione della prestazione (per i servizi, come ad esempio il contratto d'appalto).
Effetto indotto
Per la rateazione del 55%, quella decisa dalla legge di stabilità è la quarta modifica in cinque anni: per gli importi relativi al 2007, le rate erano tre; poi sono diventate dieci a scelta del contribuente nel 2008; per passare a cinque a partire dall'anno scorso. D'altra parte, è proprio agendo sul numero di rate che il legislatore ha via via modulato l'impatto dell'agevolazione per le casse pubbliche. Lo dimostra anche la relazione tecnica alla legge di stabilità, che quantifica in appena 32,4 milioni di euro il peso della proroga per l'erario nel 2012, anno in cui i contribuenti inseriranno nelle dichiarazioni fiscali i bonus maturati con le spese dell'anno prossimo. Quanto al 2011, l'effetto stimato è positivo per 124,8 milioni, grazie ai tributi relativi sui lavori che senza la detrazione non sarebbero stati eseguiti (o sarebbero stati eseguiti in nero).
Naturalmente, nel 2011 il fisco dovrà finanziare le rate di detrazione legate ai lavori eseguiti negli anni precedenti, ma è importante sottolineare l'effetto moltiplicatore del 55 per cento. Insomma, su 11,1 miliardi di spese sostenute tra il 2007 e il 2010, l'onere effettivo per le casse pubbliche sarà inferiore ai 6,1 miliardi che ne costituiscono l'esatto 55 per cento. Quanto inferiore è impossibile dirlo, e del resto le stime del Cresme non risultano perfettamente allineate a quelle della relazione, ma il risultato è indubbio.
pubblicato il 9 dicembre 2010
Fonte: Il Sole 24ore
Formula decennale
La proroga al 31 dicembre 2011 lascia inalterate le regole base della detrazione, a partire dalla documentazione che deve essere inviata all'Enea, ma cambia la sua distribuzione nel tempo: il bonus sulle spese sostenute dal prossimo 1° gennaio si dividerà in dieci rate annuali, anziché cinque. Quindi l'ammortamento del 55% è destinato ad allinearsi a quello del 36% sulle ristrutturazioni edilizie, anche se gli investimenti per il risparmio energetico non dovrebbero prevedere alcun iter accelerato per i contribuenti più anziani (gli over 75enni possono dividere il 36% in cinque anni e gli over 80enni in tre).
La formula decennale è meno vantaggiosa di quella quinquennale, ma con un'inflazione contenuta come quella attuale dovrebbe comportare una perdita accettabile per i contribuenti: pochi punti percentuali dell'importo complessivo, in termini di potere d'acquisto (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 novembre). Anzi, in caso di redditi particolarmente bassi – o crediti d'imposta rilevanti – potrebbe addirittura rivelarsi conveniente rinviare i pagamenti. A fare la differenza, infatti, sarà il momento in cui le spese risultano sostenute.
Per le persone fisiche e i lavoratori autonomi (tranne il caso del leasing), vale il principio di cassa, e si fa riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale. Non rileva, quindi, né la data della fattura, né quella del contratto eventualmente stipulato con l'impresa. Per le imprese, invece, vale il criterio di competenza e si deve guardare il momento in cui avviene la consegna o la spedizione (per l'acquisto di beni) o il momento di ultimazione della prestazione (per i servizi, come ad esempio il contratto d'appalto).
Effetto indotto
Per la rateazione del 55%, quella decisa dalla legge di stabilità è la quarta modifica in cinque anni: per gli importi relativi al 2007, le rate erano tre; poi sono diventate dieci a scelta del contribuente nel 2008; per passare a cinque a partire dall'anno scorso. D'altra parte, è proprio agendo sul numero di rate che il legislatore ha via via modulato l'impatto dell'agevolazione per le casse pubbliche. Lo dimostra anche la relazione tecnica alla legge di stabilità, che quantifica in appena 32,4 milioni di euro il peso della proroga per l'erario nel 2012, anno in cui i contribuenti inseriranno nelle dichiarazioni fiscali i bonus maturati con le spese dell'anno prossimo. Quanto al 2011, l'effetto stimato è positivo per 124,8 milioni, grazie ai tributi relativi sui lavori che senza la detrazione non sarebbero stati eseguiti (o sarebbero stati eseguiti in nero).
Naturalmente, nel 2011 il fisco dovrà finanziare le rate di detrazione legate ai lavori eseguiti negli anni precedenti, ma è importante sottolineare l'effetto moltiplicatore del 55 per cento. Insomma, su 11,1 miliardi di spese sostenute tra il 2007 e il 2010, l'onere effettivo per le casse pubbliche sarà inferiore ai 6,1 miliardi che ne costituiscono l'esatto 55 per cento. Quanto inferiore è impossibile dirlo, e del resto le stime del Cresme non risultano perfettamente allineate a quelle della relazione, ma il risultato è indubbio.
pubblicato il 9 dicembre 2010
Fonte: Il Sole 24ore
lunedì 6 dicembre 2010
Balconi e ripartizione delle spese di manutenzione: problema senza soluzione?
Tra le principali cause all’origine delle liti condominiali che spesso ingolfano i tribunali italiani sovente ricorre la ripartizione delle spese condominiali .
In tale ambito una questione che appare senza soluzione è quella relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono dalla facciata del fabbricato.
Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che più volte ha mutato orientamento nel corso del tempo.
La ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti è l’oggetto di un approfondimento curato da BibLus-net:
Per la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti era divenuta prassi consolidata l’applicazione (per estensione) dell’art. 1125 del Codice Civile (relativo a volte, solai e soffitti) considerando il balcone un prolungamento dei solaio interpiano.
Questo approccio, pur apparendo condivisibile, è stato progressivamente minato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali.
Alcune questioni sollevate nel corso di controversie relative alla questione trattata (eventuale valenza architettonica dei balconi, eventuale funzione di copertura etc.) hanno portato alla formulazione di due possibili ipotesi alternative:
1) La parte superiore del balcone è di proprietà dell’appartamento che se ne serve e, pertanto, ad esso competono le spese per la sua manutenzione. La parte inferiore (sottobalcone) così come il frontalino, essendo visibile dalla strada, deve essere considerata parte integrante della facciata; le spese, pertanto, vanno ripartite tra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti dei balconi.
2) La seconda ipotesi, invece, avvalorata (suffragata) da alcuni recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, prevede che tutte le spese relative alla manutenzione del balcone (parte superiore e parte inferiore) competano al proprietario dell’appartamento che se ne serve.
La considerazione alla base di questa teoria è che il balcone aggettante ad “uso esclusivo dell’appartamento” non funge da copertura all’appartamento sottostante. Questa considerazione, in verità, non appare esente da critiche poiché la presenza dello sbalzo in facciata offre comunque un riparo, seppur parziale, dalle intemperie all’appartamento (o al balcone) sottostante.
Muovendo dalla considerazione che se si interviene su tutti i balconi contemporaneamente la differenza di spesa per un condomino di un fabbricato privo di particolari vezzi architettonici che consegue all’applicazione del criterio previsto dall’art. 1125 C.C. o del criterio proposto dalla Corte di Cassazione è nulla o trascurabile, vediamo quali problemi può innescare l’applicazione dell’uno o dell’altro.
Ripartizione secondo criterio 2) “suggerito” dalle Corte di Cassazione
“A” sostiene le spese per 2 e 3
“B” sostiene le spese per 4 e 5
Il condominio si accolla le spese per 1
Nell’esempio considerato le spese sostenute da ciascuno dei soggetti sono equivalenti nell’uno e nell’atro caso; ciò che fa la differenza è la possibilità di fare un qualsiasi uso del sottobalcone soprastante.
Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Non è infrequente che sui balconi aggettanti siano installate tende parasole, lampade da soffitto e addirittura verande.
Premesso che per ciascuno degli interventi citati occorre munirsi dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, se si sceglie di adottare il criterio 2) (quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) per l’esecuzione di uno degli interventi citati è necessario sottostare alla volontà del proprietario dell’appartamento soprastante, unico proprietario della struttura (il balcone) su cui si va ad intervenire.
In sintesi occorre ottenere il permesso del proprietario della soletta soprastante che dovrebbe concedere, in pratica, la costituzione di una servitù.
E cosa accade quando si decide di adottare tale criterio (sempre il criterio 2), quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) nei condomini ove si è già proceduto a realizzare interventi come quelli citati ?
Come si considerano i balconi con verande o tende già installate ? Come ci si comporta, ad esempio, nel caso seguente ?
Per il sottobalcone 3 paga A perché fa parte della soletta di sua proprietà o paga B perché fa da copertura alla veranda ? In tal caso B pagherebbe 3+4+5?
In conclusione, risulta evidente che non è al momento univocamente determinabile il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione dei balconi aggettanti.
In tale ambito una questione che appare senza soluzione è quella relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono dalla facciata del fabbricato.
Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, che più volte ha mutato orientamento nel corso del tempo.
La ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti è l’oggetto di un approfondimento curato da BibLus-net:
Per la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti era divenuta prassi consolidata l’applicazione (per estensione) dell’art. 1125 del Codice Civile (relativo a volte, solai e soffitti) considerando il balcone un prolungamento dei solaio interpiano.
In tal modo, in analogia ai solai interpiano, la parte superiore del balcone era considerata di proprietà dell’appartamento servito, la parte inferiore dell’appartamento sottostante ed il frontalino di proprietà condominiale (come parte della facciata) secondo il seguente schema:
Per cui ad “A” compete pagare le spese relative alla pavimentazione ed alla impermeabilizzazione del balcone, a “B” compete il mantenimento del sottobalcone ed al condominio la manutenzione del frontalino.
Questo approccio, pur apparendo condivisibile, è stato progressivamente minato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali.
Alcune questioni sollevate nel corso di controversie relative alla questione trattata (eventuale valenza architettonica dei balconi, eventuale funzione di copertura etc.) hanno portato alla formulazione di due possibili ipotesi alternative:
1) La parte superiore del balcone è di proprietà dell’appartamento che se ne serve e, pertanto, ad esso competono le spese per la sua manutenzione. La parte inferiore (sottobalcone) così come il frontalino, essendo visibile dalla strada, deve essere considerata parte integrante della facciata; le spese, pertanto, vanno ripartite tra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti dei balconi.
2) La seconda ipotesi, invece, avvalorata (suffragata) da alcuni recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, prevede che tutte le spese relative alla manutenzione del balcone (parte superiore e parte inferiore) competano al proprietario dell’appartamento che se ne serve.
La considerazione alla base di questa teoria è che il balcone aggettante ad “uso esclusivo dell’appartamento” non funge da copertura all’appartamento sottostante. Questa considerazione, in verità, non appare esente da critiche poiché la presenza dello sbalzo in facciata offre comunque un riparo, seppur parziale, dalle intemperie all’appartamento (o al balcone) sottostante.
Muovendo dalla considerazione che se si interviene su tutti i balconi contemporaneamente la differenza di spesa per un condomino di un fabbricato privo di particolari vezzi architettonici che consegue all’applicazione del criterio previsto dall’art. 1125 C.C. o del criterio proposto dalla Corte di Cassazione è nulla o trascurabile, vediamo quali problemi può innescare l’applicazione dell’uno o dell’altro.
Ripartizione secondo art. 1125 C.C.
“A” sostiene le spese per 1 e 2
“B” sostiene le spese relative a 3 e 4
Il Condominio le spese per 5
Ripartizione secondo criterio 2) “suggerito” dalle Corte di Cassazione
“A” sostiene le spese per 2 e 3
“B” sostiene le spese per 4 e 5
Il condominio si accolla le spese per 1
Nell’esempio considerato le spese sostenute da ciascuno dei soggetti sono equivalenti nell’uno e nell’atro caso; ciò che fa la differenza è la possibilità di fare un qualsiasi uso del sottobalcone soprastante.
Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Non è infrequente che sui balconi aggettanti siano installate tende parasole, lampade da soffitto e addirittura verande.
Premesso che per ciascuno degli interventi citati occorre munirsi dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, se si sceglie di adottare il criterio 2) (quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) per l’esecuzione di uno degli interventi citati è necessario sottostare alla volontà del proprietario dell’appartamento soprastante, unico proprietario della struttura (il balcone) su cui si va ad intervenire.
In sintesi occorre ottenere il permesso del proprietario della soletta soprastante che dovrebbe concedere, in pratica, la costituzione di una servitù.
E cosa accade quando si decide di adottare tale criterio (sempre il criterio 2), quello “suggerito” dalla Corte di Cassazione) nei condomini ove si è già proceduto a realizzare interventi come quelli citati ?
Come si considerano i balconi con verande o tende già installate ? Come ci si comporta, ad esempio, nel caso seguente ?

In conclusione, risulta evidente che non è al momento univocamente determinabile il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione dei balconi aggettanti.
Sembra tuttavia opportuno ritenere che, in prospettiva, l’adozione da parte dell’assemblea del criterio ex art. 1125 (o, in alternativa, considerare i sottobalconi parte integrante della facciata) possa contribuire a prevenire e limitare l’insorgere di liti condominiali conseguenti all’esecuzione di interventi quali quelli precedentemente elencati (tende parasole, lampade a soffitto, verande, etc.)
pubblicato il 02 dicembre 2010
Fonte: www.acca.it/biblus-net
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